Page 249 - Dizionario di Filosofia
P. 249

fortuna anche per le sue implicazioni confessionali e che è stata perfino ripresa, con

          largo  apparato  di  sostegni  scientifici,  da  uno  dei  maestri  deil’etnologia  storico-
          culturale  del  nostro  secolo  (Wilhelm  Schmidt, L’origine  dell’idea  di  Dio,  1912-
          1955). Il capovolgimento di questa teoria della degradazione si ha nella dottrina dell
          ’evoluzione  dell’idea  di  Dio,  dalle  forme  più  primitive  a  quella  più  perfetta
          rappresentata  dal  monoteismo. Senza  risalire  alle  tormulazioni  più  lontane,
          ricordiamo lo schema di Auguste Comte, secondo il quale l’umanità attraversa, nella

          sua  fase  teologica,  i  tre  momenti  successivi  del feticismo,  del politeismo  e  del
          monoteismo.  Edward  B.  Tylor (Cultura primitiva, 1871) mantenne lo schema del
          Comte, sostituendo l’animismo  al feticismo. L’applicazione di un rigoroso metodo
          storicistico agli studi di antropologia religiosa e di storia delle religioni, in cui si è
          particolarmente  distinta  la  scuola  italiana  di  Raffaele  Pettazzoni,  ha  rivelato
          l’inadeguatezza di questi schemi. L’idea di Dio presso le varie culture primitive è
          molto più varia e complessa di quanto non ritenessero gli studiosi di orientamento

          positivistico, Il passaggio da una concezicne all’altra della divinità avviene, quando
          avviene, non per svolgimento graduale e necessario, ma se mai per rivoluzione, per
          un  radicale  rivolgimento  religioso,  in  molti  casi  operato  da  una  personalità
          eccezionale. D’altro canto la modificazione dell’idea di Dio entro una data cultura è
          anche  condizionata  dai  nessi  che  legano  la  religione  a  tutti  gli  altri  aspetti  della
          civiltà.

          • Quanto al problema gnoseologico-metafisico della formazione dell’idea di Dio e
          del relativo rapporto di dipendenza religiosa, si hanno due soluzioni radicalmente
          opposte:  secondo  il  punto  di  vista spiritualistico,  le  religioni  nascono  proprio
          dall’idea  che  l’uomo  ha  di  Dio,  che  l’uomo  ha  ricevuto  da  Dio  e  che  non  può
          provenire altro che da Lui; attraverso l’analisi di tale idea il pensiero può risalire
          all’essere reale di cui l’idea è il riflesso, fino a coglierne resistenza e gli attributi.
          Secondo  la  prospettiva materialistica,  invece,  le  religioni  sono  una  proiezione

          creata dall’uomo e dalla società e hanno quindi un fondamento prettamente storico e
          naturale;  da  questo  punto  di  vista  le  religioni  non  sarebbero  altro  che  un  arcaico
          tentativo  di  giustificazione  del  mondo  naturale  e  pertanto  sarebbero  destinate  a
          sparire  di  fronte  ai  progressi  della  scienza.  Secondo  la  concezione  marxista,  le
          religioni  sono  soltanto  una  trasposizione  delle  ideologie  delle  classi  sociali

          dominanti.
          • Il problema filosofico dell’esistenza di Dio. Questo problema, per i filosofi non
          spiritualisti,  è  privo  di  senso  ed  è  semmai  sostituito  dal problema  dell’esistenza
          dell’idea di Dio.
          Tale problema ha invece un senso preciso per i filosofi spiritualisti, i quali mirano a
          ricavare dall’idea di Dio l’insieme degli attributi divini (ma tale problema rimane
          tipico della teologia) e da questa idea per via logica e razionale, almeno per quanto
          è possibile, risalgono alla realtà dell’essere, all’esistenza di Dio.

          La  dimostrazione  dell’esistenza  di  Dio  è  stata  tentata  dai  filosofi  sia  muovendo
          dall’esperienza, sia attraverso un procedimento razionale.
          I.  Per raggiungere la conoscenza sperimentale di Dio sono state tentate molte vie.
   244   245   246   247   248   249   250   251   252   253   254