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fortuna anche per le sue implicazioni confessionali e che è stata perfino ripresa, con
largo apparato di sostegni scientifici, da uno dei maestri deil’etnologia storico-
culturale del nostro secolo (Wilhelm Schmidt, L’origine dell’idea di Dio, 1912-
1955). Il capovolgimento di questa teoria della degradazione si ha nella dottrina dell
’evoluzione dell’idea di Dio, dalle forme più primitive a quella più perfetta
rappresentata dal monoteismo. Senza risalire alle tormulazioni più lontane,
ricordiamo lo schema di Auguste Comte, secondo il quale l’umanità attraversa, nella
sua fase teologica, i tre momenti successivi del feticismo, del politeismo e del
monoteismo. Edward B. Tylor (Cultura primitiva, 1871) mantenne lo schema del
Comte, sostituendo l’animismo al feticismo. L’applicazione di un rigoroso metodo
storicistico agli studi di antropologia religiosa e di storia delle religioni, in cui si è
particolarmente distinta la scuola italiana di Raffaele Pettazzoni, ha rivelato
l’inadeguatezza di questi schemi. L’idea di Dio presso le varie culture primitive è
molto più varia e complessa di quanto non ritenessero gli studiosi di orientamento
positivistico, Il passaggio da una concezicne all’altra della divinità avviene, quando
avviene, non per svolgimento graduale e necessario, ma se mai per rivoluzione, per
un radicale rivolgimento religioso, in molti casi operato da una personalità
eccezionale. D’altro canto la modificazione dell’idea di Dio entro una data cultura è
anche condizionata dai nessi che legano la religione a tutti gli altri aspetti della
civiltà.
• Quanto al problema gnoseologico-metafisico della formazione dell’idea di Dio e
del relativo rapporto di dipendenza religiosa, si hanno due soluzioni radicalmente
opposte: secondo il punto di vista spiritualistico, le religioni nascono proprio
dall’idea che l’uomo ha di Dio, che l’uomo ha ricevuto da Dio e che non può
provenire altro che da Lui; attraverso l’analisi di tale idea il pensiero può risalire
all’essere reale di cui l’idea è il riflesso, fino a coglierne resistenza e gli attributi.
Secondo la prospettiva materialistica, invece, le religioni sono una proiezione
creata dall’uomo e dalla società e hanno quindi un fondamento prettamente storico e
naturale; da questo punto di vista le religioni non sarebbero altro che un arcaico
tentativo di giustificazione del mondo naturale e pertanto sarebbero destinate a
sparire di fronte ai progressi della scienza. Secondo la concezione marxista, le
religioni sono soltanto una trasposizione delle ideologie delle classi sociali
dominanti.
• Il problema filosofico dell’esistenza di Dio. Questo problema, per i filosofi non
spiritualisti, è privo di senso ed è semmai sostituito dal problema dell’esistenza
dell’idea di Dio.
Tale problema ha invece un senso preciso per i filosofi spiritualisti, i quali mirano a
ricavare dall’idea di Dio l’insieme degli attributi divini (ma tale problema rimane
tipico della teologia) e da questa idea per via logica e razionale, almeno per quanto
è possibile, risalgono alla realtà dell’essere, all’esistenza di Dio.
La dimostrazione dell’esistenza di Dio è stata tentata dai filosofi sia muovendo
dall’esperienza, sia attraverso un procedimento razionale.
I. Per raggiungere la conoscenza sperimentale di Dio sono state tentate molte vie.