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reciprocamente. Nella filosofia pitagoria la diade si contrappone alla monade,
l’unità.
La diade introduce la molteplicità e il movimento nella compattezza statica della
monade. Nel neoplatonismo la diade è anche il simbolo numerico dell’Intelligenza,
in quanto questa rompe l’Uno nella dualità di pensante e di pensato (Plotino). Con
accezione affine la parola ritorna in Bruno e in Schelling.
DIALÈTTICA (gr. dialektik [téchnē], arte del dialogo). Ragionamento che, come nel
dialogo, comporta opposizioni e diversità di punti di vista e mira a realizzare una
sintesi conclusiva. • Evoluzione all’interno delle cose, che procede per opposizione
e per superamento delle medesime.
La dialettica fu inizialmente l’arte della discussione. Aristotele ne ritrova le origini
negli argomenti di Zenone di Elea contro il movimento e la molteplicità; ma la
dialettica zenoniana sembra avere avuto un carattere puramente negativo, in quanto
era usata solo per mettere in luce le contraddizioni latenti in una certa nozione.
Socrate e Platone andarono oltre tale aspetto negativo, senza eliminarlo del tutto;
l’ironia socratica e la contrapposizione delle tesi nei Dialoghi platonici, infatti,
conservano ancora il punto di vista critico e demolitore della dialettica; ma essa
acquista una sua positività nel passaggio dal sensibile all’intelligibile (dialettica
ascendente) e nell’opposto processo dall’intelligibile al sensibile (dialettica
discendente). Per Platone, infine, la dialettica è un rapporto che si realizza nello
stesso mondo delle idee in quanto l’essere ideale è pur sempre molteplice e realizza
anche l’idea del nonessere, dato che ogni idea è ciò che non sono le altre. A partire
da Aristotele, la dialettica è opposta alla dimostrazione analitica ed è considerata
unicamente come discussione su opinioni probabili, come « logica del probabile »,
precedente la vera e propria definizione scientifica. È dunque con Aristotele che si
profila il senso peggiorativo della dialettica, ritenuta esterna alla stretta analisi di
una nozione e suscettibile di perdersi in vane sottigliezze. Tale significato si oppone
a quello già conferito al termine da Platone.
Nel medioevo la dialettica era la seconda delle arti del trivio, coincideva con la
logica formale e si contrapponeva alla retorica. In seguito, Kant usò nuovamente il
termine e chiamò « dialettici » i ragionamenti illusori che portano a conclusioni
diverse ed escludentisi vicendevolmente; il pensiero umano cioè, nel suo tentativo di
superare i limiti dell’esperienza fenomenica e di cogliere la totalità della realtà, fa
uso di questa sorta di « logica dell’apparenza »; il frutto di tale attività, sia pur
spontanea, del pensiero porta alle antinomie della ragion pura. Gli idealisti
postkantiani svilupparono in senso positivo il concetto di dialettica, ed Hegel, nel
suo panlogismo, dimostrò che la contraddizione è in realtà la condizione necessaria
per garantire la tensione e quindi lo sviluppo di tutti i piani della realtà. Il termine in
tal modo riacquistò definitivamente un significato positivo e pregnante; la dialettica
non è pertanto uno strumento che il pensiero può accettare o rifiutare, ma con Hegel
diventa la molla del pensiero, della realtà naturale e della storia umana intera.
Appunto ispirandosi a Hegel, Marx ha concepito il suo materialismo* dialettico,
cercando di spiegare la storia attraverso l’opposizione dialettica delle classi sociali.