Page 241 - Dizionario di Filosofia
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Fino agli inizi del nostro secolo, il determinismo venne accettato così come lo aveva
definito Laplace; ma in seguito agli studi sempre più approfonditi in campo fìsico e
matematico, dopo il 1927 si è giunti ad affermazioni nettamente contrastanti con la
tradizionale prospettiva deterministica; è tipica in tal senso la posizione di
Heisenberg che, enunciando il suo principio di indeterminazione, così afferma: «…
la natura sfugge a una fissazione precisa dei nostri concetti intuitivi a causa della
perturbazione arrecata dai nostri mezzi di osservazione; mentre un tempo lo scopo di
ogni ricerca era quello di scoprire e descrivere la natura così come essa è in sé e per
sé, … ora noi comprendiamo che ciò è impossibile; nella fisica atomica non si può
in alcun modo prescindere dalle modificazioni che gli strumenti di osservazione
producono sull’oggetto osservato ».
Bibliogr.: V. CAUSALITÀ.
DEUSSEN (Paul), filosofo tedesco (Oberdreis, in Renania, 1845 - Kiel 1919). Fu
professore di storia della filosofia nell’università di Berlino, poi, dal 1889, in quella
di Kiel; seguace di Kant e di Schopenhauer, subì pure l’influenza della filosofia
indiana, di cui fu valente studioso e interprete e che per primo introdusse, insieme
con quella cinese e giapponese, nella storia della filosofia. Opere principali:
Sistema del Vedānta (1883), I Sūtra del Vedānta tradotti dal sanscrito (1884),
Storia generale delia filosofia (1894-1917), Elementi della filosofia indiana
(1900).
DEWEY (John), filosofo e pedagogista americano (Burlington, Vermont, 1859 - New
York 1952). Rappresentante del tipico spirito pratico ed empiristico americano,
iniziò la sua formazione sui testi hegeliani, che lo liberarono di ogni residuo
pesantemente meccanicistico e materialistico del positivismo dominante nella
seconda metà dell’Ottocento; giunse in seguito a una concezione della realtà come di
un tutto organico, in cui ogni motivo apparentemente parziale si integra con tutti gli
altri. Dal 1894 insegnò all’università di Chicago, dove cercò di mettere alla prova i
suoi principi pedagogici e didattici, che intendeva adattare al suo strumentalismo
filosofico.
Il concetto centrale della dottrina del Dewey è quello di esperienza, intesa nel senso
più lato, comprendente quindi tutte le possibili relazioni che l’individuo vivente si
costruisce in rapporto all’ambiente naturale e sociale in cui vive. Attraverso
l’esperienza, che è interazione tra pensiero e natura, l’individuo coglie la situazione
per modificarla al fine di creare una situazione migliore (migliorismo), a lui più
favorevole. In tal senso la realtà è estremamente fluida e mutevole; in essa deve
operare l’uomo con la ragione, che è però solo uno strumento fallibile. Merito
essenziale del Dewey è quello di aver trasferito questa concezione dell’esperienza
nell’azione educativa, intesa a impegnare il bambino e l’adolescente sul terreno
della responsabilità e del lavoro di gruppo. In questo senso la sua influenza è stata
enorme, sia in America, sia in Europa.
Anche nell’estetica Dewey ha segnato una forte impronta. La sua concezione
antimetafisica lo portò a escludere ogni residuo mistico e teologico dall’arte, la
quale è per lui essenzialmente esperienza: non imitazione del reale, ma ricomporsi