Page 213 - Dizionario di Filosofia
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la sensibilità del soggetto. (V. CRITICISMO, IDEALISMO, REALISMO.)

          COSCIENZA.  Consapevolezza  che  il  soggetto  pensante  ha  del  suo  oggetto,  e  di  sé
          come oggetto.
          Dal punto di vista psicologico la coscienza pone diversi problemi: sulla sua natura,
          sulla  sua  origine,  sulla  sua  esistenza  soltanto  nell’uomo  oppure  già  a  livello  del

          regno  animale,  sui  fenomeni  psichici  inconsci,  ecc.  I  problemi  sulla natura  e
          l’origine  della  coscienza,  in  particolare,  sono  stati  di  volta  in  volta  risolti  dagli
          psicologi  secondo  i  criteri  delle  più  classiche  posizioni  filosofiche,  come  il
          realismo,  l’idealismo,  l’empirismo,  il  razionalismo,  il  materialismo,  lo
          spiritualismo,  ecc. Anche  la  questione  se  la  coscienza  è  propria  dell’uomo,  o  se
          esiste già nell’animale, ha avuto le più svariate soluzioni, dal meccanicismo (per cui
          l’animale non è che una « macchina » totalmente priva di coscienza), al dinamismo
          (per il quale esistono vari gradi tra l’incoscienza pura e la coscienza chiara e, d’altra

          parte,  risposte  fondate  sullo  studio  sistematico  delle  reazioni  animali  e  umane
          (behaviorismo, riflessologia), che sembrano mostrare nell’animale l’esistenza di una
          parte non indifferente di vita sensoriale, rappresentativa, affettiva, attiva, ma non di
          una vita intellettuale, e neppure di una vita psichica abbastanza individualizzata per
          presentarsi come coscienza.

          Il problema dei fatti psicologici inconsci è stato posto dalla psicopatologia e dalla
          psicoanalisi: la nozione di inconscio ha una funzione nella terapeutica psicologica, in
          cui essa designa un’interpretazione globale del significato degli stati di coscienza («
          ipotesi di lavoro » che serve da punto di partenza per la ricerca). Ma essa non indica
          un sostrato materiale della coscienza e non ha alcun significato teorico o metafisico.
          I diversi problemi della coscienza sono stati affrontati da molti filosofi: Aristotele,
          gli  stoici,  Cartesio  (che  sostiene  il  meccanicismo  e  assimila  la  coscienza  al
          pensiero), Leibniz (dinamista e precursore dei teorici dell’inconscio), Kant, Maine

          de Biran (che dà alla coscienza un valore metafìsico), Bergson (che insiste sui « dati
          immediati  della  coscienza  »  e  la  «  corrente  di  coscienza  »),  l’esistenzialismo,  la
          fenomenologia,  ecc.,  ma  attualmente  la  nozione  di  coscienza  si  inquadra  nella
          psicologia.
          In psichiatria, essa si riallaccia strettamente alla funzione di vigilanza: si pensi, a

          titolo  esemplificativo,  alla  presa  di  coscienza  di  noi  stessi  e  dell’ambiente
          circostante  che  avviene  al  risveglio.  Tuttavia,  i  disturbi  della  coscienza  non  sono
          riconducibili solamente ai diversi gradi di attenuazione dello stato di veglia (disturbi
          quantitativi); taluni disturbi della coscienza sono invece qualitativi: restringimenti di
          coscienza, stati onirici, ecc. Dal punto di vista fisiologico, in linea molto generale, le
          alterazioni  della  coscienza  sono  associate  al  rallentamento  dei  ritmi  elettrici
          cerebrali. A parte ciò, è stato dibattuto se e in quale misura l’attività di coscienza sia

          legata  a  determinate  aree  cerebrali.  Dopo  un  lungo  periodo,  durante  il  quale
          l’attenzione  fu  dedicata  alla  corteccia  cerebrale,  nell’ultimo  trentennio  è  stata
          valutata l’importanza delle formazioni sottocorticali e della sostanza reticolare del
          tronco  cerebrale;  si  tratta  soprattutto  di  ricerche  elettrofisiologiche,  che  si
          riallacciano  al  vasto  campo  sperimentale  della  fisiologia  dello  stato  di  veglia.
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