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Aristotele, per il quale senza questa comune credenza non ci sarebbe nulla di sicuro

          da dire, in Plutarco e in Cicerone, che l’invocano per affermare l’esistenza degli dei,
          è sopravvissuto nella filosofia moderna con particolare importanza nell’atnbito del
          diritto naturale [Grozio, Vico].)
          CONTEMPLAZIONE. Nella filosofia greca anteriore al neoplatonismo, contemplazione

          (gr. theōría) è sinonimo di intuizione* razionale; a partire dal neoplatonismo, con
          Plotino,  essa  diviene  un’attività  distinta  dall’intuizione:  quest’ultima  conosce
          l’oggetto, la prima lo possiede, per così dire, e ne gioisce.  La contemplazione ha
          grande importanza per i mistici, che la pongono al di sopra del pensiero discorsivo e
          al di sopra dell’estasi.
          CONTENUTO. Il concetto di contenuto nella storia della filosofia emerge in rapporto

          al  correlativo  concetto  di forma.  Nella  metafisica  di  Aristotele  la  funzione  di  «
          contenuto  »  spetta  alla  materia,  intesa  appunto  come  potenzialità  (dýnamis)  di
          assumere la forma, di diventare contenuto di una forma. Ogni individuo reale è unità
          inscindibile di materia e di forma: la separazione dei due momenti costitutivi della
          realtà è solo possibile come operazione mentale, per quanto esistano anche l’Atto
          puro (Dio, pura forma), e, forse, la materia pura (Aristotele non è molto chiaro su

          questo secondo punto). La nozione dell’individuo reale come unità di contenuto e di
          forma  resta  uno  dei  capisaldi  della  metafisica  di  ispirazione  aristotelica,  fino  al
          punto  che  i  maestri  della  scolastica  dovettero  escogitare  una  speciale materia
          spirituale  per  dare  consistenza  alle  creature  angeliche,  la  realtà  delle  quali  non
          poteva prescindere dalla compresenza anche in. loro del contenuto e della forma.
          Con il pensiero moderno la riflessione sul nesso fra contenuto e forma si sposta dal
          piano ontologico a quello gnoseologico. Per Cartesio le idee universali sono forme

          applicabili  ai  vari  contenuti,  concezione  che  anticipa  quella  tipica  del  criticismo
          kantiano, secondo la quale i contenuti sensibili, di per sé ciechi, diventano oggetti di
          un mondo ordinato per l’intervento dell’attività unificante delle forme a priori del
          soggetto.  La  distinzione  contenutoforma  è  infine  «  superata  »  e  inverata  dalla
          considerazione dialettica: « il vero contenuto della nostra coscienza » dice Hegel « è
          conservato nell’atto in cui lo poniamo nella forma del pensiero razionale, e anzi solo

          da quell’atto viene proposto nella sua reale natura ». Tale dissoluzione dell’antico
          dualismo è passata nelle filosofie posthegeliane, dal marxismo al neoidealismo. Il
          concetto di contenuto non è peraltro una categoria che abbia particolare rilievo nella
          filosofia  moderna,  ormai  in  gran  parte  estranea  alla  problematica  metafisica  e
          gnoseologica in cui esso aveva trovato la sua collocazione più naturale.
          Una considerazione particolare merita invece l’uso del concetto di contenuto nella
          riflessione estetica. Esso designa qui la « materia » dell’opera d’arte, vale a dire gli

          oggetti, gli eventi, le passioni e le idee trasfigurati nella rappresentazione estetica.
          Una  concezione  dell’arte  che  attribuisca  a  determinati  contenuti  in  quanto  tali  un
          valore estetico positivo si designa come contenutistica, mentre formalistica è ogni
          dottrina che sostenga il carattere formale del bello e la correlativa irrilevanza dei
          contenuti.  Le due posizioni sono presenti in tutta la storia dell’estetica e dell’arte
          occidentale,  almeno  fin  da  quando  Socrate,  polemizzando  con  Gorgia,  metteva  in
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