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sincerità nei rapporti umani. I suoi discepoli svilupparono il concetto secondo il
quale, coltivando la propria persona, il saggio diffonde attorno a sé un principio di
ordine che, riflettendosi sulle persone vicine, si propaga per tutto l’universo. I due
più importanti seguaci di Confucio, nell’antichità, furono Mencio (Meng-tzû) e Hsün-
tzû. Il primo definì il tipo ideale del letterato che deve vivere secondo le virtù
dell’umanità e dell’equità. Hsün-tzû voleva che l’educazione e il governo fossero
basati su un codice eticorituale che assegnasse a ciascuno il posto che gli conveniva
in una società gerarchizzata. Dopo il fallimento di Ch’in Shih Huangti che aveva
voluto fondare l’Impero sulle teorie dei legisti, secondo cui la legge, identificata con
la volontà del sovrano, è l’unico principio regolatore della vita sociale, gli Han
adottarono il confucianesimo come ideologia ufficiale dello Stato imperiale cinese e
instaurarono il sistema del reclutamento dei funzionari attraverso gli esami imperiali.
A questo periodo risale anche la religione imperiale con la quale si identifica talora
la religione confuciana. L’imperatore, figlio del Cielo, è il primo sacerdote
dell’Impero: a lui spetta praticare il culto del Cielo e della Terra, inaugurare
l’aratura primaverile, promulgare l’almanacco nel quale sono stabiliti i lavori da
fare e i giorni in cui vanno fatti. I prefetti e i sottoprefetti che rappresentano nelle
loro rispettive circoscrizioni l’imperatore, praticano i medesimi culti su scala
locale. L’imperatore, inoltre, più che ogni altro, deve conformarsi alle prescrizioni
rituali che hanno lo scopo di mettere la sua vita in armonia con quella dell’universo.
Se il suo comportamento è cattivo l’armonia viene sconvolta e sulla terra si
abbattono calamità e disgrazie: il figlio del Cielo è quindi responsabile dell’ordine
naturale. Dopo la parziale eclisse avvenuta nel periodo detto delle « Sei dinastie » e
una brillante ripresa nei secoli della dinastia T’ang, il confucianesimo subì una
notevole trasformazione. Sotto l’influsso del taoismo e soprattutto del buddhismo
(anche se a questi si opponeva come rigida antitesi) si sviluppò sotto la dinastia
Sung una nuova scuola filosofica di ispirazione confuciana, generalmente nota in
Occidente come neoconfucianesimo. A differenza di quello antico, esso cercò di
fondare le proprie dottrine etiche e politiche su organiche premesse metafisiche,
psicologiche e gnoseologiche, elaborando complessi sistemi filosofici, quali il
pensiero cinese non aveva conosciuto sino ad allora. Il neoconfucianesimo si divise
ben presto in due scuole maggiori, quella detta Hsing Li (dell’identità tra ordine
naturale e natura umana), che ebbe in Chu Hsi* il massimo rappresentante; e quella
detta Hsing Hsin (della identità tra natura umana e coscienza), che raggiunse il suo
massimo sviluppo più tardi, con Wang Yang-ming (1472-1528). La prima fu tuttavia
quella che ebbe maggiore fortuna: i commentari ai classici elaborati da Chu Hsi
furono dichiarati ortodossi e divennero in tal modo testi d’esame per la carriera
mandarinale. Tutto ciò trasformò il neoconfucianesimo di Chu Hsi nella ideologia
ufficiale dell’Impero e, più tardi, anche degli altri paesi di cultura cinese: Vietnam,
Corea, Giappone.
Nel XVII sec., sotto la dinastia Ch’ing, si verificò un movimento di reazione alle
scuole neoconfuciane che propugnavano un ritorno al confucianesimo del periodo
Han: a questo movimento si ispirarono alla fine del XIX e agli inizi del XX sec., anche