Page 20 - Dizionario di Filosofia
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offerto sviluppi decisivi al problema della percezione e della corporeità senziente

          (La fenomenologia della percezione, 1945).
                Sviluppi molto ampi e fecondi la rinascita della fenomenologia ha trovato anche
          in  Italia.  Il  primo  interesse  verso  l’opera  di  Husserl,  sollecitato  da  Banfi  sin  dal
          1923,  si  scontrò  con  la  predominante  atmosfera  del  neoidealismo  crociano  e
          gentiliano.  Banfi  ebbe  il  merito  di  intuire  la  grande  vitalità  del  metodo
          fenomenologico  come  uso  critico  della  ragione  in  opposizione  alla  problematica

          troppo chiusa e rigida del neohegelismo; inoltre comprese con singolare anticipo che
          il  concetto  husserliano  di  ragione, lungi  dall’essere  intellettualistico  e  antistorico,
          come  da  più  parti  allora  si  sosteneva,  poteva  fornire  la  base  per  un  profondo
          rinnovamento,  non  soltanto  della  logica,  ma  anche  delle  scienze  storico-sociali.
          Dopo Banfi, anche Norberto Bobbio si avvicinava alla fenomenologia negli anni ’30,
          e  così  pure  alcuni  studiosi  cattolici,  a  cominciare  da  Sofia  Vanni  Rovighi,  che
          trovarono  allora  in  Husserl  una  via  d’uscita  dalla  sterile  polemica  imperante  fra

          neotomismo e attualismo. Tuttavia, dopo il 1936 l’interesse per la fenomenologia in
          Italia  era  in  declino,  sostituito  anche  qui  dal  diffondersi  dell’esistenzialismo  di
          Heidegger  e  di  Jaspers.  Fu  infatti  in  nome  dell’esistenzialismo  che  Nicola
          Abbagnano, Enzo Paci, Luigi Pareyson e altri condussero, negli anni immediatamente
          precedenti e seguenti il secondo conflitto mondiale, una battaglia decisiva e alla fine
          vincente contro l’attualismo di Gentile e lo storicismo di Croce. Uscivano intanto gli

          inediti di Husserl e ancora Banfi, nell’ultimo saggio scritto poco prima di morire e
          apparso  nel  1958,  segnalava  l’importanza  della Crisi  delle  scienze  europee  di
          Husserl,  opera  che  saldava  razionalismo  e  storicismo,  umanismo  storico  e  uso
          critico  della  ragione.  Sin  dal  1956,  peraltro,  Paci  (nato  nel  1911),  che  era  stato
          allievo di Banfi, aveva maturato il convincimento circa la necessità di un ritorno a
          Husserl « dopo l’esistenzialismo ». Sembra un fatto paradossale, egli scrisse allora,
          eppure Husserl « idealmente non precede l’esistenzialismo ma lo supera e corregge,

          rinnovando  la  filosofia  contemporanea  ».  Il  problema  non  era  tanto  quello  di  una
          chiarificazione dei complessi rapporti tra Husserl e Heidegger; si trattava piuttosto
          di  capire  se  gli  esiti  pessimistici  dell’esistenzialismo  non  dipendessero  da  una
          incomprensione degli intenti profondi della fenomenologia. È quanto sostennero Paci
          e la sua scuola (della quale la rivista « Aut Aut » è l’organo ufficiale), avviando una

          discussione  che  coinvolgeva  anche  le  correnti  del  neopositivismo  e  dello
          strumentalismo  deweyano  che  incontravano,  negli  stessi  anni,  vasta  eco  in  Italia.
          Proprio il ritorno alla soggettività trascendentale, rifiutato da Heidegger, consente di
          scoprire,  secondo  Paci,  la  possibilità  di  dare  un  senso  e  un  fine  alle  nostre
          operazioni  concrete;  consente  cioè  di  «  non  perdersi  nel  mondo  »  come  soggetti
          anonimi, condizionati dalla società della tecnica e dei consumi, ma di recuperare il
          significato autentico dell’intersoggettività umana e dei suoi storici sviluppi (Tempo e
          verità  nella  fenomenologia  di  Husserl,  1961).  Su  questa  base  Paci  avviava

          successivamente  una  discussione  a  fondo  col  marxismo,  dalla  conferenza  tenuta  a
          Praga  sul Significato dell’uomo in Marx e in Husserl (1962) al volume Funzione
          delle  scienze  e  significato  dell’uomo  (1963).  L’uomo  «  umano  »,  rivendicato  da
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