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LA FENOMENOLOGIA
Il periodo storico in cui è nata la fenomenologia è quello che viene
convenzionalmente indicato come « reazione al positivismo ». Episodio significativo
di tale periodo è la polemica, sorta in Germania alla fine dell’800, fra psicologisti e
logicisti circa la natura e l’origine dei concetti, e in particolare dei concetti logici e
matematici. Gli psicologisti, rappresentati soprattutto da Franz Brentano (1838-
1917), intendevano mostrare la genesi di ogni concetto a partire dalle funzioni
psichiche e dal carattere « intenzionale » degli atti della coscienza. La coscienza,
infatti, è sempre coscienza di qualcosa; essa cioè « intenzione » i suoi oggetti in
modi psichicamente determinati. I logicisti (Frege, Schröder, Cantor, Dedekind)
sostenevano invece che i concetti logicomatematici sono irriducibili a funzioni
psichiche accidentali ed empiriche. La verità « pura » o « in sé », come già aveva
detto Bernhard Bolzano (1781-1848), degli enti logici e matematici non muta per il
fatto di venire o meno rappresentata in una coscienza. Edmund Husserl (1859-1938),
discepolo a Vienna di Brentano e poi fondatore della fenomenologia, aderì dapprima
allo psicologismo. Nel suo primo libro (Filosofia dell’aritmetica, 1891) tentò di
derivare i concetti ultimi ed elementari della matematica da concreti fenomeni
psicologici, suscitando in tal modo la reazione di Frege e degli altri logicisti. Fu
allora che, riconsiderando le tesi di Bolzano e accettando in parte le critiche di
Frege, Husserl, nel primo volume delle Ricerche logiche (1900), non solo
abbandonò lo psicologismo, ma rivolse ad esso critiche radicali e definitive.
Tuttavia, non per questo Husserl era diventato logicista; pur riconoscendo il
carattere non empirico della logica, restava il problema di chiarire la natura della
verità, senza ricadere nell’ingiustificato platonismo metafisico degli « oggetti in sé »
di Bolzano. Nel secondo volume delle Ricerche logiche (1901) Husserl presenta la
sua soluzione del problema, soluzione che costituisce l’atto di nascita della
fenomenologia. Tale termine (già usato, in sensi diversi, da Lambert, Kant e Hegel e
preferito da Husserl, dopo qualche esitazione, a quello di psicologia descrittiva)
compare infatti per la prima volta in quel libro.
La fenomenologia si presenta in effetti come metodo di descrizione delle «
essenze », come scienza di essenze e non di dati di fatto. Le essenze (che nelle
Ricerche logiche sono ancora chiamate « specie ») non vanno intese come le idee di
Platone, né come qualcosa di metafisicamente misterioso. L’esperienza ci presenta
delle serie di eventi o di dati di fatto; ma ogni dato di fatto ha un suo modo di darsi
alla coscienza, una struttura, delle tipicità caratteristiche. Perciò, mentre noi
cogliamo i fatti dell’esperienza mediante l’intuizione empirica, cogliamo sempre
anche, e necessariamente, la loro essenza mediante un’intuizione « pura », della
quale peraltro non ci avvediamo. Se udiamo un suono, ad es., è anche l’essenza «
suono », comune a tutti i possibili suoni, che noi cogliamo con esso. Cose spaziali,
modalità temporali, ricordi, immaginazioni, emozioni, percezioni sono, come già
diceva Brentano, oggetti intenzionali della coscienza strutturalmente diversi. Essi
non derivano però tale struttura dai dati di fatto dell’associazione psichica, ma da
un’intuizione essenziale o categoriale che rivela, in ogni caso concreto, la presenza