Page 19 - Dizionario di Filosofia
P. 19

contrasto era la cosiddetta « svolta trascendentale » impressa da  Husserl alla sua

          fenomenologia  nel  primo  volume  delle Idee  per  una  fenomenologia  pura  e  una
          filosofia fenomenologica (1913; i voll. II e III sono apparsi postumi nel 1952). In
          tale opera Husserl, ispirandosi espressamente a Cartesio, sosteneva la necessità di
          fondare  la  descrizione  fenomenologica  delle  essenze  sugli  atti  intenzionali  della
          coscienza « pura », ovvero « trascendentalmente ridotta ». Il suo problema era: come
          spiegare la presenza di forme costanti nei fenomeni? Intendere tali forme o essenze

          come strutture oggettive del « mondo », equivale a cadere in un naturalismo ingenuo.
          Il « mondo » cui comunemente ci riferiamo non se ne sta a sé, ma è sempre relativo
          alla coscienza.  È necessario dunque esercitare un dubbio radicale su tutti i nostri
          giudizi e convinzioni rivolti al mondo e alle sue supposte « realtà », come già fece
          Cartesio. Ciò non significa « cancellare » il mondo, ma riconoscere: 1) che la sfera
          della coscienza (il « cogito ») è l’unica realtà non dubitabile, donde quindi occorre
          partire per ogni descrizione fenomenologica; 2) che proprio gli atti intenzionali di

          tale  coscienza  (non  come  coscienza  psicologica,  e  cioè  come  un  fatto  empirico
          accanto ad altri, ma come coscienza pura, ovvero come luogo « trascendentale » in
          cui  si  manifesta  e  si  costituisce  il  mondo  dei  fenomeni)  conferiscono  un  «  senso
          d’essere », una forma stabile, ai fenomeni stessi, che così valgono per noi come «
          mondo  circostante  abituale  »,  come  «  polo  »  dei  nostri  comuni  interessi.  La
          descrizione  degli  atti  (noesi)  della  coscienza  pura  e  degli  oggetti  ad  essi

          corrispondenti  (noemi)  diveniva  ora  il  compito  proprio  della  fenomenologia.
          Scheler,  Heidegger  e  molti  altri  vedevano  però,  in  tale  nuova  impostazione,  una
          involuzione  della  fenomenologia  verso  forme  di  idealismo  e  soggettivismo
          dogmatico.  Di  fatto  l’influenza  di  Husserl  andò  in  Germania  progressivamente
          scemando, ma la sua fenomenologia si diffondeva intanto in  Francia (ove  Husserl
          tenne  nel  ’29  due  conferenze  alla  Sorbona,  poi  pubblicate  nel  libro Meditazioni
          cartesiane, 1931) e, per merito di Antonio Banfi (1886-1957), anche in Italia.

                Husserl  dedicò  i  suoi  ultimi  anni  ad  approfondire  la  sua  fenomenologia
          trascendentale,  nello  sforzo  di  rispondere  alle  critiche  dei  suoi  exdiscepoli,  col
          mostrare che, diversamente dall’idealismo, il soggetto della fenomenologia è un «
          soggetto incarnato », che si manifesta nelle operazioni concrete del « mondo della
          vita  »  (La  crisi  delle  scienze  europee  e  la  fenomenologia  trascendentale,  1954

          postumo). Cogliere il senso, anche storico, di tali operazioni e riattivarne l’origine
          significa per Husserl sforzarsi di superare l’intellettualismo dell’Occidente e la crisi
          della sua civiltà. Husserl morì lasciando un’ingente mole di manoscritti e di lavori
          inediti che vennero trasferiti nascostamente a Lovanio per impedirne la distruzione
          da  parte  delle  autorità  naziste.  Qui  H.  L.  Van  Breda  fondò  l’Archivio  Husserl  e
          cominciò a pubblicare, dal 1950, gli inediti husserliani. Essi motivarono ben presto
          una grande rinascita della fenomenologia, di portata mondiale. In Francia J.-P. Sartre
          (1905)  e  Maurice  Merleau-Ponty  (1903-1961)  mossero  entrambi  dalla

          fenomenologia  per  elaborare  in  seguito  il  loro  esistenzialismo.  Il  primo  ha  dato
          contributi  fondamentali  alla  psicologia  fenomenologica,  dal Saggio  di  una  teoria
          fenomenologica  delle  emozioni  (1930)  all’Immaginario  (1940);  il  secondo  ha
   14   15   16   17   18   19   20   21   22   23   24