Page 18 - Dizionario di Filosofia
P. 18
di una forma universale e tipica. Compito della fenomenologia è allora quello di
descrivere tali forme o essenze, raccogliendole in una serie di « ontologie regionali
» che costituiscono i quadri generali entro i quali può venir ricondotta e fondata la
ricerca empirica delle scienze particolari. Il metodo della descrizione
fenomenologica consiste nell’assunzione dei fenomeni dell’esperienza (esterna e
interna) così come essi si danno all’intuizione diretta e in prima persona. Il motto
della fenomenologia, ha scritto Husserl, è « tornare alle cose stesse », al di là di ogni
teoria preconcetta o pregiudizio intellettualistico. Come è chiaro, Husserl non
intende i fenomeni nel senso di Kant, come « apparenze » contrapposte allo « cose in
sé »: fenomeno è la stessa « cosa », in quanto si manifesta e nei modi in cui si
manifesta. La fenomenologia è appunto la scienza descrittiva di tali modi di
manifestazione (essenze). In tal modo essa, non soltanto supera la contrapposizione
tra psicologisti e logicisti, e cioè fra empirico e formale, ma anche le polemiche fra
materialismo e spiritualismo, fiorite alla fine dell’800 in clima positivistico. L’unità
fra scienza e filosofia si ricompone, in quanto la seconda, mediante il metodo
fenomenologico, offre alla prima il campo delle condizioni e delle possibilità « pure
» (le « essenze », le « ontologie regionali ») donde ogni scienza riceve i suoi
principi metodologici e i suoi oggetti di indagine. Le leggi della scienza, scoperte
mediante induzione empirica, hanno valore universale, non perché generalizzino
arbitrariamente o convenzionalmente le accidentalità esperite (come ritenevano Mill
e Mach), ma perché nell’empirico colgono quelle strutture che, come la
fenomenologia dimostra, costituiscono il modo d’essere essenziale degli oggetti
considerati. Mediante la fenomenologia, dunque, la filosofia diviene essa stessa «
scienza rigorosa » e principio di unità e di legittimazione di tutte le altre scienze
particolari.
Le Ricerche logiche esercitarono un’enorme influenza sul pensiero del primo
’900. Nel suo insegnamento universitario a Halle, Gottinga e poi Friburgo, Husserl
raccolse una scuola di valenti discepoli che cominciarono ad applicare il metodo
fenomenologico a vari campi del sapere. In particolare, Max Scheler (1874-1928)
diede inizio ad un’etica fenomenologica dei valori (Il formalismo nell’etica e
l’etica materiale del valore, 1913-1916) e Nicolaj Hartmann (1882-1950) applicò
la fenomenologia ai problemi tradizionali della conoscenza e dell’ontologia
(Principi di una metafisica della conoscenza, 1921; I fondamenti dell’ontologia,
1935). Martin Heidegger (nato nel 1889), assistente di Husserl a Friburgo, curava la
pubblicazione, nel 1928, delle Lezioni sulla coscienza interna del tempo e si
richiamava espressamente al metodo fenomenologico nella sua grande opera Essere
e tempo (1927). Tuttavia, proprio a partire da Essere e tempo, si verificò la
spaccatura della scuola fenomenologica: Heidegger diede avvio alla corrente
dell’esistenzialismo e anche Scheler, Hartmann e altri discepoli abbandonarono
Husserl per assumere posizioni indipendenti. Il contrasto si rese manifesto quando
Husserl volle associarsi Heidegger per la stesura della voce « fenomenologia » per
l’Enciclopedia Britannica; la progettata collaborazione finì in un fallimento e la
secessione dei maggiori discepoli di Husserl divenne un fatto ufficiale. Ragione del