Page 177 - Dizionario di Filosofia
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Le principali virtù confuciane, mediante le quali si raggiunge la perfezione, sono lo

          jen, ovvero la compassione o la simpatia che ci porta a soccorrere i nostri simili, e
          lo yi, l’equità, che fa rispettare i beni altrui e tiene conto dei doveri propri allo stato
          sociale  di  ciascuno.  La  saggezza,  secondo  Confucio,  si  acquisisce  mediante  lo
          studio,  la  riflessione,  lo  sforzo.  L’ideale  confuciano  è  rappresentato  dall’uomo
          superiore,  il chün-tzû, che deve migliorarsi spiritualmente in maniera autonoma a
          contatto  con  i  suoi  amici  e  i  suoi  maestri;  se  egli  è  principe,  deve  «  governare

          mediante i riti e la musica ». I riti non sono solamente manifestazioni formali, ma
          anche modi di agire grazie ai quali si ottempera ai propri rapporti con gli altri esseri
          umani. In una società a struttura feudale, infatti, qualsiasi relazione tra due diversi
          esseri umani deve, per evitare lo sgretolamento dell’ordine sociale, essere regolata
          in modo molto preciso, al fine di rispettare severamente la struttura gerarchica della
          società stessa. I riti hanno un valore generale che permette di farne un principio di
          governo, poiché pongono in armonia il comportamento umano col ritmo universale.

          Al contrario di quanto avviene per i Barbari, presso i civilissimi Cinesi i sentimenti
          e  le  passioni  sono  disciplinati,  arginati  dalle  regole  convenzionali  descritte  nei
          rituali:  i  riti  appaiono  così  come  un  «  principio  di  costrizione  ».  Essi  sono
          completati dalla musica, che è un principio di armonia; ogni cerimonia comprende
          una parte di musica, che deve suscitare la bontà e la mutua affezione.

          • Il confucianesimo dei secoli successivi. Dopo la morte del maestro, una parte dei
          discepoli restò a Lu e vi mantenne la sua scuola; altri fondarono nuove scuole in altri
          principati. Alcune di queste subirono l’influsso di scuole filosofiche estranee; altre
          s i lasciarono  trascinare  verso  un  ritualismo  puramente  formale  allontanandosi
          dall’umanesimo  del  maestro.  L’insegnamento  dei  successori  di  Confucio  andò
          sempre  più  limitandosi  al  commento  dei  classici  e  il  sapere  libresco  li  distanziò
          sempre più dalle forme pragmatiche dell’insegnamento confuciano. I due filosofi che

          più degli altri caratterizzarono il confucianesimo dopo la morte del maestro furono
          Meng-tzû  e  Hsün-tzû  (371-289);  il  nome  del  primo  fu  latinizzato  in  Mencius
          (Mencio*). Con questi si aprì nel pensiero cinese la millenaria polemica sulla natura
          umana:  Mencio,  decisamente  ottimista,  la  dichiarò  buona.  Con  lui  soprattutto  si
          precisò e si esaltò la figura del letterato e uomo di cultura.

          A Hsün-tzû, il confucianesimo deve i solidi fondamenti filosofici che gli permisero
          ben presto di imporsi come dottrina ufficiale di Stato. Hsün-tzû nacque all’inizio del
          III  sec.  e  morì,  forse,  sotto  Ch’in  Huangti.  Rifiutando  il  ricorso  alle  leggi  penali,
          cercò  altre  regole  oggettive  e  le  trovò  nel  vecchio  ritualismo:  la  sua  originalità
          consiste  nell’aver  fondato  quest’ultimo  sulla  ragione,  e  non  più  sulle  credenze
          religiose. Contrariamente a Mencio, affermò che la natura umana è malvagia e che
          solo  grazie  all’educazione  e  alla  cultura  l’uomo  acquisisce  una  seconda  natura  e

          diviene socievole e buono. Come tutti i confuciani, sostenne che la civiltà era stata
          creata dagli antichi sovrani della  Cina.  La sua descrizione del  Figlio del  Cielo è
          identica  alla  rappresentazione  tradizionale  del  Figlio  del  Cielo  leggendario;  ma
          ormai  si  tratta  solamente  di  un’immagine  che  simboleggia  l’efficacia  razionale  di
          un’amministrazione perfettamente organizzata; non è più la rappresentazione mitica
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