Page 180 - Dizionario di Filosofia
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sulle leggi; il loro sistema trionfò per qualche tempo nel principato di Ch’in e favorì
in una certa misura la vittoria di questo paese: Ch’in Shih Huangti, fondando
l’Impero, intese stabilire il regno della legge. Soli tra tutti i filosofi cinesi, i « legisti
» difesero una concezione del diritto ravvicinabile per certi aspetti alla concezione
greco-romana. Se essi fallirono, la loro azione contribuì nondimeno a dare
all’Impero cinese una pur minima base giuridica.
IL BUDDHISMO IN CINA
Non conosciamo la data esatta dell’introduzione del buddhismo* in Cina; intorno alla
metà del I sec. d.C. esisteva una prima comunità buddhistica alla corte di un principe
insediato nell’attuale provincia di Kiangsu. A lungo non furono avvertite le
differenze profonde che intercorrevano tra il taoismo e la nuova dottrina di salvezza,
e il buddhismo fu considerato una setta taoista. Ma a partire dall’inizio del V sec.
un’intensa attività di traduzione dei testi del buddhismo indiano, sia di carattere
strettamente religioso, sia filosofico permise al buddhismo di prendere un vigoroso
slancio e di cominciare a rivaleggiare seriamente con il taoismo. Attraverso questi
testi la tradizione filosofica indiana si inserì sul tronco della speculazione cinese.
A fianco dello hīnayāna e del mahāyāna, un terzo metodo, dovuto alla setta del
dhyāna, assunse un’importanza notevole in Cina poi in Giappone e acquisì certi
caratteri tipici della filosofia cinese. Il termine sanscrito, che significa « meditazione
» fu trascritto in cinese come ch’an (pronunciato « zen » in giapponese). La setta
ch’an fu introdotta in Cina dal monaco Bodhidharma, venuto dall’India tra il 520 e il
530 e il cui messaggio si trasmise da discepolo a discepolo, ovvero da « spirito a
spirito », finché non trovò nel sesto patriarca della scuola, Huineng, le proprie
espressioni più tipiche. Molti pittori e poeti hanno attinto da questa dottrina
antintellettualistica e mistica la loro fonte d’ispirazione.
IL CONFUCIANESIMO, DOTTRINA DI STATO (II sec. a.C.)
Quando il confucianesimo divenne la dottrina di Stato, esso si era già notevolmente
allontanato dalla dottrina di Confucio e dei suoi primi discepoli. Il suo grande
rappresentante di quest’epoca, Tung Chung-shu (105 a.C. circa), fa appello nei suoi
scritti a teorie fortemente imbevute di idee magiche, senza con questo offrire
soddisfazione a esigenze più profonde di religiosità. Il pensiero di Tung è tuttavia di
grande importanza dal punto di vista delle dottrine politiche, perché fissa la
giustificazione teoretica della struttura dell’Impero e della funzione dei letterati
confuciani come amministratori e politici (v. CONFUCIANESIMO).
• Il neoconfucianesimo. Al filosofo Chou Tun-yi* (1017-1073) risale la nozione del
Principio Primo, del « Grande Polo », T’ai-chi, concepito alla maniera del Tao di
Lao-tzû, come l’unità primordiale, ma anche sotto un aspetto cosmogonico, quale
materia rarefatta e producente per via di evoluzione l’insieme dell’universo.
Chou fu il principale precursore di Chu Hsi* (1130-1200), fondatore del
neoconfucianesimo, sistema scolastico destinato a far testo nell’insegnamento
ufficiale fino all’alba del XX sec. Chu Hsi lasciò un’opera immensa e impose il suo