Page 184 - Dizionario di Filosofia
P. 184
Bibliogr.: Le principali testimonianze relative alla scuola cinica si trovano in H.
Ritter e L. Preller, Historia philosophiae graecae ex fontium locis contesta, a cura
di G. Teichmüller, Gotha 1913, n. 286 e sgg.; W. Nestle, Die Sokratiker in Auswahl,
Jena 1922; Anthistenis fragmenta, a cura di F. Decleva Caizzi, Milano 1966; sulla
scuola cinica e A.: Ch. Chappuis, Antistène, Parigi 1854; K. Kester, Antisthène, de
la dialectique, Lovanio 1935; D. R. Dudley, A history of cynism from Diogenes to
the 6th century, A. D., Londra 1937; F. Sayre, The greek cynics, Baltimora 1948; F.
Caizzi, Antistene, « Studi Urbinati », 1964, pp. 48-99; J. Humbert, Socrate et les
petits socratiques, Parigi 1967.
CIRENAICI. Aderenti alla dottrina del filosofo greco Aristippo di Cirene, vissuto tra
il 435 e il 366 a.C., il quale aveva creato neila città natale una scuola dove
insegnava che il saggio deve ricercare il piacere dei sensi (edonismo), ma con
l’accortezza di saperlo dominare, senza esserne dominato. 1 principali
rappresentanti della scuola cirenaica si riallacciavano, come Aristippo, sia al
pensiero dei sofisti, dai quali ereditavano la convinzione che solo la sensibilità
soggettiva poteva essere la misura di tutte le cose, sia al pensiero di Socrate che
aveva insegnato l’autonomia del giudizio morale. I capi della scuola cirenaica furono
Arete, figlia di Aristippo, e Aristippo il Giovane, che per primo avrebbe insegnato
la dottrina del piacere che la tradizione attribuisce invece a suo nonno. Altri
rappresentanti furono Egesia detto « persuasore di morte » perché, sviluppando il
senso di autodominio e di distacco dalla vita che non mantiene le sue promesse di
godimento, giungeva a un radicale pessimismo di fronte all’esistenza e quindi alla
valorizzazione della morte; Teodoro di Cirene detto l’Ateo, il quale riponeva la
felicità non nei piaceri singoli, ma in una sorta di lieta disposizione dell’animo verso
tutta quanta la vita; Anniceri che, limitando il campo dell’edonismo, attribuiva alla
amicizia, all’amore per la famiglia e per la patria un valore così elevato che l’uomo
saggio potrebbe e dovrebbe per essi affrontate anche il dolore e il sacrificio. Degli
scritti dei cirenaici restano solo frammenti.
Bibliogr.: Le testimonianze e i frammenti in: G. Giannantoni, I cirenaici, Firenze
1958; E. Mannenbach, Aristippi et Cyrenaicorum fragmenta, Leida 1961. Sulla
scuola: C. J. Classen, Aristippos, « Hermes », 1958, pp. 182-192; G. Lieberg,
Aristippo e la scuola cirenaica, « Rivista critica di storia della filosofia », 1958,
pp. 311; J. Humbert, Socrate et les petits socratiques, Parigi 1967.
CIVILTÀ. II significato del termine ha avuto una lunga evoluzione. Nel mondo
romano, civilitas indicò un insieme di qualità distintive del perfetto cittadino (civis)
romano, come una certa educazione, un conveniente comportamento sociale, ecc. Nel
medioevo cristiano il termine dovette assumere tutt’altro significato se Dante, nel
Monarchia, poté parlare di humana civilitas intendendo la più larga e comprensiva
entità sociale sovrastante l’individuo, la famiglia, la cerchia sociale, la « nazione ».
D’altra parte, la contrapposizione, sentita fin dal tempo degli antichi Greci, fra il
cittadino e il barbaro o straniero, era andata di mano in mano modificandosi: non più
contrapposizione fra grecità e non grecità, poi fra romanità e non romanità, bensì fra
civiltà e inciviltà: ove per civiltà si intese, anche se in modo non sempre esattamente