Page 172 - Dizionario di Filosofia
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costruendo però solamente una scienza di apparenze. Quando uno dei prigionieri
viene liberato e condotto alla luce, egli è abbagliato e si convince che ciò che
vedeva prima era più reale di ciò che gli appare ora. In seguito si abitua
gradatamente alla luce e, dopo aver imparato a distinguere gli oggetti, arriva a
fissare lo stesso Sole, principio di ogni luce. Analogamente, secondo Platone,
l’uomo ha dapprima solo una conoscenza sensibile, simile a quella delle ombre; agli
esordi della speculazione filosofica, comincia con l’essere sconcertato e ritiene le
sensazioni più reali del pensiero; in seguito, penetrando per mezzo della dialettica
nel mondo intelligibile, contempla le stesse idee e, infine, il « Sole », ovvero la più
alta delle idee: quella del Bene.
CEBÈTE di Tebe, in gr. Kébēs, filosofo greco, discepolo del pitagorico Filolao e di
Socrate (nato a Tebe nel 440 circa a.C. e morto in età avanzata). Interlocutore di
Socrate nel Fedone platonico, avrebbe scritto, secondo Diogene Laerzio, tre opere in
forma di dialogo: Phrýnichos, Hebdómē e Pínax. Quest’ultima, in particolare, nota
nella tradizione come Tavola di Cebete, è chiaramente spuria, dal momento che
presuppone la conoscenza di teorie filosofiche posteriori all’età in cui visse Cebete.
Si pensa che ne sia autore un pensatore stoico con tendenze neopitagorizzanti del I o
II sec. d.C.
CELANTES. Nella logica, termine mnemotecnico per designare il secondo modo della
quarta figura del sillogismo, riconducibile al CELARENT.
CELARENT. Nella logica, termine mnemotecnico coniato dagli scolastici per
designare il secondo modo della prima figura del sillogismo, in cui la premessa
maggiore e la conclusione sono universali negative (EE), la minore universale
affermativa (A): « Nessun vivente è immortale; l’animale è vivente; dunque
l’animale non è immortale ».
CELSO, in gr. Kélsos, filosofo vissuto a Roma sotto gli Antonini (II sec. d.C.),
celebre per la polemica da lui sostenuta contro il cristianesimo nel Discorso
veritiero (Alēthès lógos), in cui affermava che la dottrina cristiana era illegale,
barbara, fondata sulla magia e che i vari dogmi erano di origine filosofica greca o
trasfigurazioni di leggende e miti orientali. Conosciamo quest’opera unicamente per
la violenta confutazione che ne fece Origene nel suo Contra Celsum.
CENESTÈSI (dal gr. koinós, comune e àisthesis, sensibilità). Sensazione indeterminata
della nostra esistenza corporea, derivante dalla sensibilità diffusa proveniente dagli
organi interni.
La cenestesi è definita da due caratteristiche: la non specificità delle sensazioni
somatiche, in opposizione alla specificità delle sensazioni esterocettive (gustative,
olfattive, visive, ecc.); il carattere rappresentativo a differenza dell’umore che è
affettivo ed emotivo. Dalla cenestesi dipende per buona parte la coscienza del
proprio io: noi percepiamo il nostro corpo come facente parte di noi stessi poiché la
cenestesi ce lo fa percepire dall’interno e sotto forma affettiva. Inoltre, perché noi
conserviamo il sentimento della nostra identità personale attraverso il tempo, è
necessario che la nostra cenestesi abituale non vari nei suoi dati essenziali e