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l’esperienza, e infine le idee fittizie, cioè arbitrariamente composte dal soggetto. In
base al principio del dubbio metodico, il soggetto non può sapere se realmente
esistano fuori di sé le cose rappresentate dalle idee, se cioè all’idea di stelle,
cavallo, ecc. corrisponda veramente una qualche realtà oggettiva. Ma se questo vale
per tutte le idee, non vale per l’idea innata che si ha di Dio, perché è l’idea della
perfezione totale, della onnipotenza e dell’onniscienza e pertanto il soggetto non può
averla creata da sé. Fuori di se stessi, al di sopra di sé, deve quindi esistere Dio,
come realtà certissima e anch’essa inattaccabile dal dubbio. Cartesio offre altre
prove dell’esistenza di Dio, tutte basate sull’idea che il soggetto ne possiede; ma in
lui questa ricerca del divino non nasce da una esigenza teologica come poteva
accadere per gli scolastici medievali, quanto piuttosto dalla necessità di reperire una
garanzia dell’esistenza e della concreta realtà oggettiva del mondo; Dio, infatti, in
quanto essere perfetto, buono e verace non può ingannare il pensante e la sua
esistenza garantisce che tutto ciò che appare come chiaro ed evidente esiste
realmente. In questo senso possiamo veramente applicare a tutti i campi del sapere il
metodo geometrico-matematico. Il mondo esterno è per Cartesio riducibile
all’estensione corporea, la res extensa, che coincide rigorosamente con lo spazio e
che quindi esclude in modo assoluto l’ipotesi del vuoto. Pertanto la filosofia
cartesiana sfocia in un dualismo tra pensiero (res cogitans) e materia (res extensa)
che crea una serie di gravi difficoltà, perché l’estensione corporea, che è
meccanicismo e passività, non può agire sul pensiero, che è inesteso, e viceversa.
Cartesio volle dare una soluzione tutta verbale al problema dicendo che lo spirito,
cioè il pensiero, agisce sul corpo attraverso la « ghiandola pineale »; ma in realtà il
problema rimase aperto e diede luogo a una serie di approfondimenti da parte dei
filosofi posteriori come Malebranche, Spinoza e Leibniz. La fisica cartesiana ritiene
che tutto l’universo sia un gigantesco meccanismo, una volta per tutte messo in moto
da Dio; questa tesi, anche se più tardi superata, ebbe il merito di unificare sotto una
unica prospettiva tutti i fenomeni del cosmo. Cartesio non trattò la morale in
un’opera a parte; ma al problema etico accenna nel Discorso sul metodo, nelle
Passioni dell’anima e in molte lettere nelle quali afferma la necessità di adottare una
« morale provvisoria », in attesa di avere un sistema totale di verità che permetta
l’adozione di una morale definitiva. Questa morale è venata di stoicismo ed è
animata da una esigenza razionalistica, in quanto il filosofo tende a identificare la
virtù con l’accettazione della ragione.
Bibliogr.: Oeuvres de Descartes, a cura di C. Adam e P. Tannery, 13 voll., Parigi
1897-1913 (ne è stata ora ristampata una seconda edizione a cura di B. Rochot); la
corrispondenza è stata pubblicata da C. Adam e G. Milhaud, 8 voll., Parigi 1936-
1963; molto importante, per il ricco commento, l’edizione del Discours de la
méthode, a cura di E. Gilson, Parigi 1925. In italiano: Cartesio, Opere, 2 voll., Bari
1967; Opere scientifiche, vol. I, La biologia, a cura di G. Micheli, Torino 1966. Su
C.: G. Sebba, Bibliographia cartesiana, A criticai guide to the Descartes literature
1800-1960, L’Aia 1964; N. Kemp Smith, Studies in the cartesian philosophy,
Londra 1902 (rist. 1962); O. Hamelin, Le système de Descartes, Parigi 1911; H.