Page 149 - Dizionario di Filosofia
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mahāsāmghika,  sarvāstivādin,  ecc.)  che  diventarono  sempre  più  numerose.  La

          conversione  dell’imperatore  Aśoka  (250-249  [?]  a.C.)  diede  nuovo  impulso  al
          buddhismo. Le sette acquistarono caratteri che le differenziarono sempre più finché,
          verso l’inizio dell’era cristiana, si produsse uno scisma: nacque allora un buddhismo
          con  caratteri  modificati  che,  con  il  nome  di  «  grande  veicolo  »  (mahāyāna)  si
          contrappose al buddhismo tradizionale chiamato « piccolo veicolo » o theravāda o
          hinayāna. Gli avvenimenti politici e, in particolare, la costituzione dell’impero dei

          Kushāna a nord e a NO facilitarono l’espansione del buddhismo in Cina, attraverso
          l’Asia  centrale.  Il  buddhismo  progredì  raggiungendo  il  massimo  della  fioritura  in
          India sotto la dinastia dei Gupta (secc. IV-VI), e in seguito gradualmente decadde a
          causa  delle  persecuzioni  e  soprattutto  delle  invasioni  degli  Unni,  nel V  sec.
          Parallelamente  però  il  buddhismo,  nelle  sue  diverse  forme,  si  propagò  per  tutta
          l’Asia orientale ed è tuttora una delle tre religioni più importanti del mondo.

          • Dogmi. I dogmi del buddhismo theravāda sono tratti in gran parte dalla filosofia
          brahmanica  e  in  particolare  dalla  scuola  sāmkhya  di  Kapila.  Come  già  sosteneva
          questa scuola, il buddhismo theravāda, infatti, afferma l’eternità e l’indistruttibilità
          della materia elementare, la quale, seguendo una legge meccanica fatale che esclude
          l’intervento della volontà e delle potenze divine, unisce e combina i suoi elementi in

          modo da produrre tutto quello che esiste nell’universo.  Secondo un ciclo eterno e
          immutabile,  i  mondi  si  formano,  si  sviluppano,  declinano  e  poi  periscono  per
          ricostituirsi  di  nuovo;  a  ciascuna  di  queste  fasi  viene  dato  il  nome  di kalpa.
          Analoghe  leggi  regolano  l’anima  degli  esseri  viventi,  sottoposta  a  un  processo  di
          evoluzione  che  la  porta,  in  successive  incarnazioni,  dall’animale  all’uomo  e
          dall’uomo alla divinità attraverso un alternarsi di ascese e di cadute, provocate dal
          prevalere delle virtù e dei vizi. Solo quando riesce a distruggere in sé vizi e virtù
          l’anima  raggiunge  lo  stato  che  viene  chiamato nirvāna.  Questo  eterno  rinascere

          costituisce  il  tanto  temuto  male  della trasmigrazione.  Come  rimedio  il  Buddha
          proclamò il dogma detto delle « Quattro sante verità » (Ārya-Satyāni): l’esistenza del
          dolore, la causa del dolore, la sua soppressione e la via da seguire per sopprimerlo.
          Il dolore è parte indissolubile dell’esistenza; l’esistenza è prodotta dall’ignoranza,
          causa delle passioni, dell’attaccamento ai beni esteriori e dei desideri che, agendo

          per mezzo dei sensi, danno vita agli esseri. La via da seguire è segnata da Quattro
          nobili sentieri: 1. la scienza, che dimostra la vanità, il vuoto, l’instabilità, l’irrealtà
          del  mondo  esterno,  degli  oggetti  composti  da  elementi  deteriorabili,  dell’io,  e  la
          follia dell’attaccamento a queste cose; 2. l’osservanza delle « Cinque interdizioni »,
          di  uccidere,  di  rubare,  di  commettere  adulterio,  di  mentire,  di  ubriacarsi;  3.
          l’astinenza  dai  «  Dieci  peccati  »  di  omicidio,  furto,  fornicazione,  menzogna,
          maldicenza,  ingiuria,  pettegolezzo,  invidia,  odio,  errore  dogmatico;  4.  la  pratica

          delle  «  Sei  virtù  trascendentali  »,  la  carità,  la  moralità  perfetta,  la  pazienza,
          l’energia, la bontà, la carità o amore per il prossimo. Ogni essere è responsabile dei
          propri  atti  e  ne  subisce  fatalmente  le  conseguenze  (karman).  Il  saggio,  come
          compenso  delle  proprie  virtù,  ottiene  di  rinascere,  secondo  i  propri  meriti,  come
          uomo  di  condizione  superiore,  come  appartenente  alla  classe  dei  geni  del  mondo
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