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mahāsāmghika, sarvāstivādin, ecc.) che diventarono sempre più numerose. La
conversione dell’imperatore Aśoka (250-249 [?] a.C.) diede nuovo impulso al
buddhismo. Le sette acquistarono caratteri che le differenziarono sempre più finché,
verso l’inizio dell’era cristiana, si produsse uno scisma: nacque allora un buddhismo
con caratteri modificati che, con il nome di « grande veicolo » (mahāyāna) si
contrappose al buddhismo tradizionale chiamato « piccolo veicolo » o theravāda o
hinayāna. Gli avvenimenti politici e, in particolare, la costituzione dell’impero dei
Kushāna a nord e a NO facilitarono l’espansione del buddhismo in Cina, attraverso
l’Asia centrale. Il buddhismo progredì raggiungendo il massimo della fioritura in
India sotto la dinastia dei Gupta (secc. IV-VI), e in seguito gradualmente decadde a
causa delle persecuzioni e soprattutto delle invasioni degli Unni, nel V sec.
Parallelamente però il buddhismo, nelle sue diverse forme, si propagò per tutta
l’Asia orientale ed è tuttora una delle tre religioni più importanti del mondo.
• Dogmi. I dogmi del buddhismo theravāda sono tratti in gran parte dalla filosofia
brahmanica e in particolare dalla scuola sāmkhya di Kapila. Come già sosteneva
questa scuola, il buddhismo theravāda, infatti, afferma l’eternità e l’indistruttibilità
della materia elementare, la quale, seguendo una legge meccanica fatale che esclude
l’intervento della volontà e delle potenze divine, unisce e combina i suoi elementi in
modo da produrre tutto quello che esiste nell’universo. Secondo un ciclo eterno e
immutabile, i mondi si formano, si sviluppano, declinano e poi periscono per
ricostituirsi di nuovo; a ciascuna di queste fasi viene dato il nome di kalpa.
Analoghe leggi regolano l’anima degli esseri viventi, sottoposta a un processo di
evoluzione che la porta, in successive incarnazioni, dall’animale all’uomo e
dall’uomo alla divinità attraverso un alternarsi di ascese e di cadute, provocate dal
prevalere delle virtù e dei vizi. Solo quando riesce a distruggere in sé vizi e virtù
l’anima raggiunge lo stato che viene chiamato nirvāna. Questo eterno rinascere
costituisce il tanto temuto male della trasmigrazione. Come rimedio il Buddha
proclamò il dogma detto delle « Quattro sante verità » (Ārya-Satyāni): l’esistenza del
dolore, la causa del dolore, la sua soppressione e la via da seguire per sopprimerlo.
Il dolore è parte indissolubile dell’esistenza; l’esistenza è prodotta dall’ignoranza,
causa delle passioni, dell’attaccamento ai beni esteriori e dei desideri che, agendo
per mezzo dei sensi, danno vita agli esseri. La via da seguire è segnata da Quattro
nobili sentieri: 1. la scienza, che dimostra la vanità, il vuoto, l’instabilità, l’irrealtà
del mondo esterno, degli oggetti composti da elementi deteriorabili, dell’io, e la
follia dell’attaccamento a queste cose; 2. l’osservanza delle « Cinque interdizioni »,
di uccidere, di rubare, di commettere adulterio, di mentire, di ubriacarsi; 3.
l’astinenza dai « Dieci peccati » di omicidio, furto, fornicazione, menzogna,
maldicenza, ingiuria, pettegolezzo, invidia, odio, errore dogmatico; 4. la pratica
delle « Sei virtù trascendentali », la carità, la moralità perfetta, la pazienza,
l’energia, la bontà, la carità o amore per il prossimo. Ogni essere è responsabile dei
propri atti e ne subisce fatalmente le conseguenze (karman). Il saggio, come
compenso delle proprie virtù, ottiene di rinascere, secondo i propri meriti, come
uomo di condizione superiore, come appartenente alla classe dei geni del mondo