Page 147 - Dizionario di Filosofia
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Respinta la vecchia cultura scolastica, pedantesca e aristotelizzante, il Bruno si era
in un primo tempo avvicinato al materialismo atomistico di Democrito e degli
epicurei, ma, insofferente di questa visione troppo schematica della realtà naturale, e
forte dei suoi studi sul neoplatonismo, finì con l’approdare a un naturalismo animato
dalla convinzione che ogni aspetto, ogni momento della realtà naturale è organizzato,
ordinato e sorretto da una forza vivente che « è presidente alla materia e signoreggia
nelli composti, effettua la composizione e consistenzia de le parti… stende le
cartilagini, incava le arterie… intesse le fibre, ramifica gli nervi… »
Precisa e manifesta intenzione del Bruno fu quella di rinunciare a ogni speculazione
di tipo teologico allo scopo d’indirizzare ogni sforzo all’indagine sul mondo
naturale, nel quale soltanto si può ritrovare la presenza del divino che appunto si
identifica con tutta quanta la realtà naturale; egli giunge a una chiara intuizione della
infinità della natura e dei mondi, di schietto sapore panteistico. Queste conclusioni lo
portano a un atteggiamento di sdegnoso disprezzo verso le religioni rivelate; pur
riconoscendo l’utilità del culto « per l’istituzione di rozzi popoli che dènno esser
governati », egli ritiene che la religione non sia altro che un assieme di superstizioni
contrarie alla ragione e alla natura. In questa acre avversione accomuna il
cristianesimo cattolico, il luteranesimo e il calvinismo, e di ogni esteriore
manifestazione religiosa si fa beffa in vari scritti; la vita morale, pertanto, non può
mai essere guidata da astratte formule tradizionali, ma deve essere, secondo il
Bruno, un « eroico furore » mediante il quale l’uomo, il filosofo, in una sorta di
slancio intuitivo, coglie la profonda unità e infinità del tutto. Bruno, pertanto, è
divenuto il simbolo del libero pensiero che si vuole affermare contro ogni tirannia
religiosa e politica, e il significato della sua opera e della sua tragica fine sono
ancor oggi oggetto di discussione; Herder e Hegel, durante l’età del Romanticismo,
salutarono in lui il fondatore del pensiero critico moderno. Le numerose opere del
Bruno, animate da un profondo spirito d’esaltazione lirica e religiosa delle forze
della natura, sono la testimonianza più evidente della molteplicità dei suoi interessi;
le principali sono; Spaccio de la bestia trionfante* (1584), La cena de le ceneri*
(1584, dialogo in cui viene discussa la teoria copernicana, pubblicato insieme con
De la causa principio et uno* e De l’infinito universo et mondi*; Degli eroici
furori* (1585), l’ultima opera con la quale il Bruno esalta l’amore ardente per la
verità, la Cabala del cavallo pegaseo* (1585).
Scrittore ricco di fermenti di pensiero al punto da apparire incoerente, il Bruno nella
forma del dialogo, cara agli scrittori rinascimentali, infuse il vario e libero
movimento della sua dialettica, e attraverso la creazione di personaggi vivissimi e la
descrizione di ambienti diede una rappresentazione concreta della sua passione di
cercatore della verità. La sua esuberanza stilistica è tutt’altra cosa dalla retorica
barocca: essa fu il risultato di un appassionato travaglio del pensiero e dei
sentimenti, l’uno e l’altro sovrabbondanti, e non, come nei prosatori barocchi, un
virtuosismo applicato intorno al vuoto del pensiero e del sentimento.
Bibliogr.: Le opere latine di B. sono state pubblicate a cura di F. Fiorentino e F.
Tocco, in tre volumi, Firenze 1879-1891. Molto importante è la Bibliografia di