Page 134 - Dizionario di Filosofia
P. 134
aumenta la somma totale del benessere individuale è utile; i piaceri danno felicità in
misura diversa gli uni dagli altri; occorre paragonare il loro valore e questo
confronto diventa l’oggetto di una scienza, « l’aritmetica morale », che nelle
intenzioni del filosofo inglese doveva costituire la base razionale, e quindi
universale, di ogni scelta morale; il Bentham, cioè, pur riallacciandosi
all’utilitarismo inglese tradizionale, sembra tenere in conto l’esigenza kantiana di
un’etica fondata su un principio a priori di carattere razionale e universale. Già
Epicuro aveva affermato princìpi analoghi a quelli dell’utilitarismo e Helvétius, in
Francia, aveva enunciato la formula per il miglioramento del benessere del maggior
numero di persone. Tale formula, ripresa da Priestley in Inghilterra, fu resa
sistematica da Bentham.
Egli si occupò inoltre di legislazione, e propugnò lo sviluppo dell’insegnamento e la
riforma della legislazione sui poveri; sotto l’influenza del pensiero del Beccaria
elaborò un piano di miglioramento dei penitenziari, secondo il quale fu costruita la
prima prigione cellulare, quella di Millbank. Fra i suoi scritti: Introduzione ai
princìpi della morale e della legislazione (1789), Difesa dell’usura (1797),
Trattato di legislazione civile e penale (1802), Trattato sulle pene e le ricompense
(1811), Tattica delle Assemblee legislative (1816), Deontologia* o Scienza della
morale (1834, postuma).
Bibliogr.: Works, a cura di J. Bowring, 11 voll., Edimburgo-Londra 1838-1843;
Handbook of political fallacies, a cura di H. A. Larrabee, Baltimora 1952; J.
Bentham’s economic writings, a cura di W. Stark, 3 voll., Londra 1952-1954; A
fragment on government, Oxford 1960; The principles of morals and legislation, a
cura di L. J. Lafleur, Darien (Conn.) 1970; su B.: L. Stephen, The english
utilitarians, 3 voll., Londra 1900 (rist.: Nuova York 1968); V. Cohen, J, Bentham,
Londra 1927; M. P. Mack, J. Bentham, Londra 1962; C. W. Everett, J. Bentham,
Londra 1965.
BERDJAEV (Nikolaj Aleksandrovič), filosofo russo (Kiev 1874 - Clamart, Parigi,
1948). Deportato per le sue idee rivoluzionarie, dopo che fu liberato studiò ad
Heidelberg, poi si stabilì a Mosca, dove si avvicinò al cristianesimo. Professore
nella facoltà ’di filologia di questa città (1920), fu esiliato nel 1922 e si stabilì a
Parigi nel 1925.
Opere principali: La filosofia della libertà (1911), critica del razionalismo, Il senso
della creazione (1916), tentativo di giustificazione dell’uomo, Un nuovo medioevo
(1924), L’uomo e la macchina (1933), Cristianesimo e realtà sociale (1934), Della
schiavitû e della libertà dell’uomo (1947). Studiò la situazione spirituale dell’uomo
moderno, opponendo i valori della civiltà medievale allo spirito del Rinascimento,
ed esercitando una notevole influenza su taluni pensatori cristiani.
BERGSON (Henri), filosofo francese (Parigi 1859-1941). Ammesso nel 1878 alla
Scuola normale superiore, seguì l’insegnamento di Boutroux e di Ollé-Laprune.
Addottoratosi nel 1889 con il celebre Saggio sui dati immediati della coscienza*,
dal 1897 fu professore alla Scuola normale e successivamente al Collegio di Francia
dove, tra il 1900 e il 1914, tenne prima una cattedra di greco, poi di filosofìa.