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behaviour, comportamento). Metodo di ricerca psicologica che, trascurando
l’introspezione, studia con criteri puramente oggettivi e sperimentali il
comportamento dell’individuo nelle diverse circostanze.
Tale indirizzo, chiamato anche comportamentismo, psicologia del comportamento,
psicologia di reazione o psicologia oggettiva è sorto verso la fine del XIX sec. con
l’opera di Thorndike (L’intelligenza animale), ma è stato teorizzato come dottrina
dagli studi dell’americano John B. Watson e da quelli del sovietico Bechterev (La
psicologia oggettiva, 1907-1910).
Il behaviorismo respinge ogni punto di vista metafisico in psicologia, si rifiuta di
separare la psicologia dalla fisiologia, intendendo studiare, mediante il metodo
sperimentale, nella stessa maniera il comportamento animale e umano. I suoi principi
interpretativi si fondano sulle teorie del riflesso*, che a loro volta si basano su una
concezione deterministica e materialistica; le sue prospettive lo ravvicinano al
materialismo dialettico, così come è stato applicato da Pavlov e dai suoi discepoli,
che si impegnarono in ricerche analoghe. Va precisato che il behaviorismo non fa
alcuna distinzione tra psicologia animale e umana, mentre Pavlov, con le nozioni di «
attività nervosa superiore » e di « secondo sistema di segnalazione », mantiene una
differenza di natura, qualitativa e specifica, tra la vita psichica animale e il pensiero
umano (Lezioni sul lavoro dei grandi emisferi cerebrali, 1926).
Analogamente, si può parlare di un behaviorismo economico, secondo il quale i
fenomeni economici dovrebbero essere compresi e studiati come fenomeni di
comportamento; in particolare Wesley C. Mitchell ritiene che l’economia debba «
cessare di essere un sistema di logica pecuniaria, uno studio meccanico degli
equilibri statici in situazioni inesistenti nella realtà, per diventare una scienza del
comportamento ».
Bibliogr.: A. Tilquin, Le behaviorisme, Parigi 1942; numerosi contributi sono
apparsi nelle annate della rivista « Journal of the history of the behavioral sciences
».
BELINSKIJ (Vissarion Grigor’evč), filosofo e critico russo (Sveaborg, presso
Helsinki [oggi Suomenlinna], 1811 - Pietroburgo 1848). Divenne noto con una serie
di artìcoli di critica letteraria pubblicati negli Otečestvennye zapiski (Annali patrii,
1839-1846) e nel Sovremennik (Il contemporaneo, 1846-1848). Lottò per il trionfo
dei princìpi del realismo, contro i sostenitori dell’« arte per l’arte » e le sue idee
letterarie influenzarono tutto il pensiero russo del XIX sec. Politicamente ancora
nell’ambito del socialismo utopistico, per le sue posizioni filosofiche si collega già
al materialismo; viene considerato il creatore dell’estetica rivoluzionaria.
BELLEZZA. La nozione di bellezza (o di bello) ha interessato i filosofi fin dalla più
remota antichità: cos’è la bellezza? Esiste indipendentemente da noi, oppure non è se
non nel nostro spirito? A tali domande essi hanno dato risposte differenti, a seconda
che fossero realisti o idealisti, adottando in sostanza lo stesso atteggiamento assunto
di fronte al problema del vero o del bene. Per Platone, « realista delle idee », la
bellezza esiste in sé, indipendentemente dal nostro spirito, in un mondo puramente «
intelligibile » più perfetto del mondo di quaggiù e più reale. Le bellezze sensibili