Page 130 - Dizionario di Filosofia
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Nato da una famiglia protestante, convertito al cattolicesimo e ritornato poi al
protestantesimo, studiò a Ginevra e fu professore di storia e di filosofia a Sedan fino
al 1681, dove compose la sua Lettera sulla cometa del 1680 (pubblicata nel 1682 e
rimaneggiata in seguito sotto il titolo di Pensieri sulla cometa*, 1694-1704). In
seguito si stabilì a Rotterdam, dove insegnò ancora filosofia e fondò le Nouvelles de
la république des lettres (1684-1687). Fedele al re di Francia, s’oppose a Jurieu,
che criticò il suo Avviso importante ai rifugiati sul loro prossimo ritorno in
Francia (1690), e lo fece destituire dalla cattedra nel 1693. A partire da allora, si
dedicò interamente all’attività di scrittore, portando a termine la redazione del
Dizionario storico e critico* (1696-1697).
La sua fu soprattutto l’opera di un filosofo della storia. Egli cercò di rinnovare tutta
la problematica morale, esegetica e teologica, e lo fece con uno spirito caustico e
arguto, rivelandosi in questo l’erede di Montaigne, di Guy Patin e di Gassendi; nello
stesso tempo fu un precursore dei libertini dell’inizio del regno di Luigi XV, e il suo
assoluto rifiuto del principio di autorità lo avvicina alle posizioni critiche; moderne:
l’indirizzo del suo Dizionario venne poi ripreso nell’Enciclopedia. Spirito libero,
fautore della tolleranza, non vincolato da alcuna teoria, sottopose tutto a una critica
spietata, e particolarmente il dogmatismo e l’autoritarismo. È rimasta famosa la sua
confutazione di Spinoza e di Leibniz, del quale, per ragioni di ordine morale, criticò
soprattutto la tesi dell’armonia prestabilita. Le sue opere godettero di un notevole
successo, particolamiente i l Dizionario, di cui si stamparono ben dieci edizioni
prima del 1760.
Bibliogr.: Dictionnaire historique et critique, a cura di A. J. Beuchot, Parigi 1820-
1824; Oeuvres diverses, 4 voll. (1727-1731), Hildesheim 1964-1968; in italiano:
Pensieri sulla cometa, a cura di G. P. Brega, Milano 1957; su B.: E. Labrousse,
Pierre Bayle, L’Aia 1963; G. Cantelli, Teologia e ateismo. Saggio sul pensiero
filosofico e religioso di Pierre Bayle, Firenze 1969.
BEATITÙDINE. Questo termine, che nel linguaggio religioso esprime la felicità
perfetta dell’essere unito a Dio dalla salvezza, dalla santità o dall’estasi mistica,
designa in filosofia la gioia che l’individuo prova quando il suo pensiero o la sua
intelligenza entrano in contatto con una realtà che esiste indipendentemente da loro e
che li oltrepassa, li « trascende ». Tale sentimento si accompagna dunque a una
posizione realistica e spiritualistica, e in questo senso si ritrova presso Platone,
Aristotele, Plotino, san Tommaso, sant’Anselmo, Spinoza. Per Platone la beatitudine
nasce quando l’anima liberata dal mondo sensibile grazie alla filosofia o alla morte,
può finalmente contemplare la Bellezza, il Bene in sé: allora soltanto, scrive Platone
nel Simposio, « per l’uomo vale la pena di esistere ». Per Aristotele la beatitudine
consiste nella contemplazione di Dio, « pensiero del pensiero » (nòēsis nseōs).
Presso Piotino l’intelligenza raggiunge la beatitudine quando « diviene intelligenza
amante che rifiutando la molteplicità sensibile del mondo giunge allo stato di
pienezza felice ». Sant’Anselmo vede proprio in questa pienezza la prova
dell’esistenza di Dio. Lo stesso Cartesio, meditando sulla perfezione divina che, per
lui, è alla base di ogni verità, constata « che una simile meditazione … ci fa gioire