Page 120 - Dizionario di Filosofia
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          B. Nella logica, è l’iniziale del modo Barbara della prima figura del sillogismo e di
          tutti i modi delle tre altre figure che possono essere ricondotte al « Barbara » della
          prima  (per  es.  la B  con  cui  inizia Baroco  indica  che  questo  modo  può  essere
          ricondotto a Barbara).

          BABEUF  (François  Noël,  detto Gracco),  teorico  e  rivoluzionario  francese  (San
          Quintino  1760  -  Vendôme  1797).  Trasferitosi  a  Parigi  nel  1787  per  sottoporre  al
          governo un vasto piano di riforma fiscale, lo pubblicò senza successo nel 1790 in un
          opuscolo, Il  catasto  perpetuo.  Dopo  il  9  termidoro,  cominciò  a  esporre  sul  suo
          giornale, Le  Tribun  du  peuple  (firmandosi  appunto  GRACCO  BABEUF)  le  proprie
          teorie  comunistiche  (v. BABUVISMO).  All’inizio  del  1796,  insieme  con  gli  amici

          Darthé  e  Buonarroti,  creò  un’organizzazione  segreta  che  intendeva  rovesciare  il
          Direttorio e instaurare un nuovo regime. Fu, questa, la « cospirazione degli Eguali »,
          fallita nel 1796. Babeuf e Darthé furono condannati a morte un anno dopo a Vendôme
          (26 maggio 1797).

          Bibliogr.: Textes choisis, a cura di C. Mazauric, Parigi 1965 (trad. it.: Roma 1969);
          Le tribun du peuple (1794-1796), a cura di A. Saitta, Parigi 1969; F. Buonarroti,
          Cospirazione per l’eguaglianza detta di Babeuf, a cura di G. Manacorda, Torino
          1971.
          BABUVISMO. La dottrina di Babeuf* e dei suoi seguaci. Essa, quale appare riassunta
          nel Manifesto degli eguali, redatto dal poeta Sylvain Maréchal, si basa sul principio

          fondamentale  che  «  tutti  gli  uomini  hanno  lo  stesso  diritto  di  soddisfare  i  propri
          bisogni  e  di  godere  di  tutti  i  beni  della  natura.  La  società  deve  affermare  questa
          eguaglianza ». Babeuf insiste sull’obbligo del lavoro per tutti e sull’eguaglianza dei
          salari  poiché  «  la  superiorità  di  talenti  e  di  operosità  è  una  chimera  ».  «  I  beni
          devono essere messi in comune; la terra non è di nessuno, i frutti sono di tutti ».
          Nella  società  babuvista  il  contadino  continuerebbe  a  sfruttare  il  suo  campo  e  ne

          porterebbe il raccolto al magazzino comune. Il governo controllerebbe l’economia in
          modo da mantenere l’eguaglianza, garantita dall’educazione comune; l’agiatezza e la
          semplicità generali sostituirebbero il lusso degli uni e la miseria degli altri. Non si
          tratta  di  un  comunismo  della  produzione,  bensì  della  distribuzione.  Il  pensiero  di
          Babeuf è l’erede del comunismo moralizzante di Rousseau, di Mably e di Morelly e
          dei  principi  del  1789,  portati  alle  estreme  conseguenze:  l’eguaglianza  civile  e
          politica  resterà  puramente  formale  se  non  sarà  accompagnata  da  una  rigorosa

          eguaglianza sociale.
          L’importanza  storica  del babuvismo  deriva  dal  fatto  che,  per  la  prima  volta,  il
          comunismo è concepito non più come un’utopia, bensì come un programma politico.
          Il suo metodo preannuncia quello del marxismo: pone in evidenza la nozione di lotta
          di  classe,  fa  appello  all’interesse  del  pro’etariato,  ma  affida  la  missione

          rivoluzionaria a una minoranza insurrezionale. Le idee di Babeuf, temporaneamente
          dimenticate dopo la sua morte, ispirarono in seguito taluni riformatori sociali della
          prima  metà  del XIX  sec.,  specie  attraverso  la  mediazione  del  Buonarroti,  un
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