Page 115 - Dizionario di Filosofia
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valorizzato  nel XVIII  sec.  da  J.  J.  Rousseau,  è  fondamentale  nella  pedagogia

          idealistica, soprattutto nel pensiero di G. Gentile e dei suoi seguaci, che nega ogni
          dualismo nel processo educativo e quindi ogni eteroeducazione, intesa come azione
          estrinseca  dell’educatore  sull’educando:  al  contrario,  questi  riconosce  la  sua
          spiritualità  nell’educatore  e  giunge  a  realizzarla  autonomamente.  Anche  fuori  del
          movimento  idealistico,  il  concetto  di  autoeducazione  ha  avuto  fortuna  nella
          pedagogia  contemporanea,  ogni  volta  che  si  è  voluto  affermare,  anche

          polemicamente, che l’opera educativa si risolve non soltanto nell’escogitare tecniche
          didattiche più o meno perfezionate, ma nell’azione indiretta, di esempio e di stimolo,
          che può esercitare la personalità dell’educatore quando miri a realizzare anzitutto in
          sé quegli ideali educativi che vuole inculcare negli altri.
          AUTONOMÌA della volontà. Secondo Kant, potere della volontà di dare a se stessa le

          proprie leggi morali, prescindendo da ogni elemento esterno, e perciò di porsi quale
          unico principio della morale. (Secondo Kant l’azione morale per essere valida deve
          fondarsi  su  un  impulso  autonomo:  se  infatti  essa  è  condizionata  da  dati  esterni
          rispetto  alla  nostra  razionalità  [volontà  divina,  piacere,  ecc.]  allora  è  azione
          eteronoma,  di  cui  non  possiamo  assumerci  la  responsabilità.  Perché  la  moralità
          abbia  un  fondamento  universalmente  valido,  deve  scaturire  quindi  -  direttamente

          dalla nostra interiorità consapevole [Sii legge a te stesso].)
          AVEMPACE o AVENPACE, filosofo e scienziato arabo. V. IBN BAGIA.
          AVENARIUS  (Richard),  filosofo  tedesco  (Parigi  1843  -  Zurigo  1896).  Insegnò

          filosofia e fisica all’università di Zurigo dal 1877 fino all’anno della morte. Insieme
          con E. Mach* viene considerato il fondatore dell’empiriocriticismo che, pur essendo
          un  momento  dello  sviluppo  del  positivismo,  costituisce  un’attenta  critica  e  un
          riesame  approfondito  dei  limiti  e  della  possibilità  dell’esperienza  e  quindi  della
          scienza. Avenarius intende costruire una filosofia che abbia il rigore di una scienza
          esatta  e  pertanto  esamina  con  estrema  accuratezza  la  natura  dell’esperienza;  egli

          giunge a concludere che, liberata di ogni sovrastruttura di tipo metafisico, idealistico
          e materialistico, l’esperienza « pura » ci si presenta come una serie di contenuti di
          coscienza indifferenziati in cui ancora non si riesce a distinguere l’io dal non-io, il
          soggetto dall’oggetto. Sparisce in questo modo ogni distinzione tra fìsico e psichico,
          tra spirito e materia. Mediante un processo di « introiezione » noi giungiamo però a
          spezzare  questa  unità  originaria  dell’esperienza  e  parliamo  così  di  soggetto  e  di
          oggetto, di mondo naturale esterno e di una realtà mentale che gli si contrappone, di

          materia e di spirito. Questa corruzione dell’esperienza pura originaria porta quindi a
          una serie di problemi di carattere metafisico, praticamente insolubili come quelli di
          immortalità, di sostanza spirituale, ecc. Fra le opere: La filosofia come pensiero del
          mondo secondo il principio del minimo sforzo.  (1876); La critica dell’esperienza
          pura (1888-1890); Il concetto umano del mondo (1891).

          Bibliogr.: J. Petzoldt, Kritik der reinen Erfahrung von Avenarius angezeigt, Dresda
          1889;  A.  Aliotta, R.  Avenarius,  «  Cultura  filosofica  »,  1908;  H.  Delacroix,
          Avenarius: esquisse de l’empiriocriticisme, « Revue de métaphysique et de morale
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