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accenni a dottrine atomistiche si trovano presso pensatori arabi religiosi; nel XIV sec.
le polemiche antiaristoteliche sulla divisibilità del continuo e l’esistenza del vuoto si
ispirarono spesso all’atomismo di Democrito, al quale si riconnette anche Nicola
d’Autrecourt, che presenta la sua fisica atomistica come un’ipotesi più probabile
della fisica aristotelica. Nell’età moderna, la nozione di atomo entra
occasionalmente a far parte dei sistemi di Giordano Bruno, di Galilei e di Francesco
Bacone; ma una vera e propria ripresa dell’atomismo si ha con Gassendi, il quale
tuttavia lo pone a fondamento di un sistema finalistico, polemizzando contro il
meccanicismo non atomistico di Cartesio. Per tutto il XVIII sec. l’atomismo è ancora
una dottrina filosofica; solo all’inizio del XIX sec., con Dalton e Avogadro, l’atomo
diviene una nozione scientifica e, a poco a poco, con le scoperte grazie alle quali si
edifica la « teoria atomica », perde alcune delle caratteristiche che gli erano
attribuite dall’antico atomismo (per es. l’indivisibilità, per cui l’atomo appare ai
nostri giorni come un sistema complesso, la cui analisi concreta può essere spinta
molto oltre) e ne acquisisce altre nuove (per es. l’inerzia). L’antica concezione
filosofica appare dunque ora superata, ma essa ha fornito tuttavia alla conoscenza
una delle idee più feconde e più avanzate sulla struttura della materia.
ATTENZIONE. In sede psicologica, essa è stata definita « un’operazione che dà
un’importanza particolare a uno dei nostri fenomeni psicologici rendendolo
preponderante tra tutti gli altri, anzi cancella talora ogni altro fenomeno della
coscienza, in modo tale che l’oggetto dell’attenzione possa svilupparsi in modo
esclusivo ». Quando si ha una presenza esclusiva oppure semplicemente la
preponderanza di una sola idea, si realizza lo stato che Ribot chiama di
monoideismo. Ribot distingue l’attenzione spontanea dall’attenzione volontaria; la
prima è quella che non richiede alcuno sforzo, la seconda implica uno sforzo ed è
quella che noi dedichiamo a un determinato oggetto nel momento in cui saremmo
piuttosto portati a lasciare errare a caso il nostro pensiero o a dedicare la nostra
attenzione a un altro oggetto. Contrariamente all’opinione del Condillac, per il Ribot
la causa psicologica più comune dell’attenzione non è rappresentata dalla forza di
una sensazione o di un’immagine, ma dal rapporto dell’oggetto con le nostre
inclinazioni o passioni (che possono essere di ordine intellettuale), in una parola
dall’interesse, che è diretto nell’attenzione spontanea, indiretto nell’attenzione
volontaria; nel primo caso ciò che ci interessa è l’oggetto in sé; nel secondo sono i
risultati felici che il nostro atto di attenzione potrà avere in seguito, e i fallimenti o
disavventure che deriverebbero, al contrario, dalla nostra mancanza di attenzione.
L’attenzione ha come componenti fenomeni di natura organica: respiratori (la
respirazione è rallentata), chimici (modificazioni delle ossidazioni) e, soprattutto,
nervosi (attività specifica dei nervi e del cervello; equilibrio tra eccitazione e
inibizione, risposte a stimoli innati o acquisiti).
ATTIVISMO. Atteggiamento, comune a molte correnti del pensiero contemporaneo,
tendente ad affermare la priorità dell’azione sul pensiero. (In particolare, si
considerano attivistiche le concezioni etiche che esaltano la volontà di vita e di
potenza, come quella di Nietzsche, le dottrine che considerano la verità raggiungibile