Page 110 - Dizionario di Filosofia
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particolare stato d’animo di distacco con cui il saggio deve guardare alle passioni e

          a tutto ciò che sgomenta gli uomini, come la morte, il dolore e gli stessi dei.
          ATEISMO (da a priv. e gr. theós, dio). La negazione dell’esistenza di Dio. L’accusa
          d i ateismo  è  stata  spesso  espressione  polemica  ed  arbitraria  del  contrasto  tra
          concezioni  diverse  dell’Essere  eterno  e  infinito,  causa  prima  del  mondo,  non

          avevano una concezione esattamente conforme alla loro (anche Socrate fu accusato
          di  ateismo,  perché  rifiutava  di  seguire  le  credenze  popolari  dei  suoi  tempi).  In
          particolare, si è voluto vedere nel panteismo una forma dissimulata di ateismo; ma
          questo non è esatto. Così, per il panteismo stoico, Dio pervade tutto l’universo, è
          immanente in tutte le cose, ma ne è in certo qual modo distinto, in quanto principio
          attivo,  provvidenza:  non  si  può  quindi  parlare  di  ateismo  a  proposito  dello
          stoicismo. Anche per Giordano Bruno Dio è la natura stessa, ma è pur sempre inteso
          come causa e principio delle cose che costituiscono il mondo, rimanendo distinto da

          esse. Soprattutto Spinoza è stato accusato di ateismo, in quanto risolve tutte le cose
          in  un’unica  sostanza  (monismo),  che  è  eterna,  increata,  causa  di  se  stessa  (causa
          sui): ma invero, come giustamente osservava Hegel, il sistema di Spinoza, più che un
          ateismo, è piuttosto da considerare un acosmismo*.  Vere e proprie professioni di
          ateismo  sono  state  fatte,  sia  nell’antichità  sia  nell’età  moderna,  dai  filosofi

          sostenitori del monismo materialistico, cioè da tutti coloro che ammettono essere la
          materia il fondamento unico di tutta la realtà. Così, nell’antichità, Eraclito sostiene
          che « il mondo non è stato creato da nessun dio, ma è sempre stato, è e sarà sempre
          un fuoco eternamente vivente ». Epicuro e Lucrezio non negano l’esistenza degli dei,
          ma li considerano indifferenti e incuranti delle cose umane.  Una forma di ateismo
          scettico è quella di Cameade (II sec. a.C.), che mirò a dimostrare la debolezza delle
          argomentazioni tendenti a provare l’esistenza della divinità.
          Durante  il XVIII sec. i materialisti meccanicisti, come il La Mettrie e il d’Holbach,

          facendo appunto derivare tutto dalla materia in movimento, esclusero la possibilità
          della esistenza di Dio. Sempre nel XVIII sec., particolarmente interessante è l’ateismo
          scettico  di  Hume,  il  quale  nega  sia  la  possibilità  di  fornire  prove  a  priori
          dell’esistenza della divinità, sia la possibilità di dare prove soddisfacenti attraverso
          l’esperienza.  Durante  il XIX  sec.  l’ateismo  è  tipico  di  alcuni  fondamentali

          orientamenti filosofici: tra questi il pessimismo irrazionalistico di Schopenhauer, che
          nega la possibilità dell’esistenza di Dio, in quanto il male e il dolore dominanti nel
          mondo sono l’immediata confutazione di ogni ottimismo teologico. Verso la metà del
          1800 assume particolare rilievo la posizione di Feuerbach, il quale afferma che il
          divino  nasce  dall’esigenza  dell’uomo  di  costruirsi  l’ideale  di  una  personalità
          infinita,  ricca  di  tutte  quelle  possibilità  che  mancano  a  lui;  pertanto  l’uomo  si  «
          aliena » nell’esigenza religiosa, dimentico della sua concreta realtà umana. Anche il

          materialismo  dialettico  di  Marx,  che  fa  dipendere  tutta  la  realtà  storica  dalle
          condizioni di fatto in cui l’uomo vive e opera, esclude ogni giustificazione teologica.
          Il  rifiuto  del  divino  è  esplicito  anche  in  Nietzsche,  per  il  quale  l’ateismo  è
          condizione  basilare  perché  l’uomo  viva  nella  pienezza  della  sua  umanità.  Tra  i
          contemporanei tipico è infine l’ateismo di  Sartre, per il quale la stessa precarietà
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