Page 66 - I templari e il filo segreto di Hiram
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Già prima della mortale aggressione a Ipazia, nella grande
città di Alessandria erano stati incendiati tutti i templi pagani,
incominciando da quelli di Isi e Osiri: antichi protettori
dell’Egitto, un tempo terra felice, noto come il paradiso dei Due
Paesi, l’Alto e Basso Egitto. Anche il grande Serapeo, consacrato
a Serapide, divinità per metà greca e per metà egizia, che riuniva
in sé le caratteristiche di Giove e di Osiride, e rappresentava le
due anime dell’Egitto, era finito in fiamme, per essere raso al
suolo fino alle fondamenta. Lo stesso patriarca Teofilo aveva
partecipato a quella demolizione, coinvolgendo persino il pavido
prefetto Evagirio, che aveva mobilitato la guarnigione militare
per privare la città di uno dei suoi più bei monumenti, famoso in
tutto il mondo antico. In quell’occasione era stato il patriarca a
colpire per primo, con un piccone, la colossale statua del dio
Serapide, considerata tra le più belle dell’Egitto e della Grecia,
senza eguali a Roma. E poiché a ridosso del tempio sorgeva la
grande biblioteca nota come il Serapeion, seconda d’importanza
a quella “del Museo”, quando l’incendio si estese ad essa
nessuno mosse un dito.
Meglio così: un solo libro bastava! Anzi, due bastavano! Fu
salvato anche “il libro antico degli Ebrei”, in seguito chiamato
Bibbia, poiché il dio che vi era citato era anche il dio di Gesù.
Ma in quella biblioteca c’erano anche i libri di tutti i popoli: dei
Lidi, degli Ioni, dei Dori, dei Macedoni, degli Assiri, dei Sumeri,
degli Etiopi, dei Liguri, degli Etruschi, dei Punici, dei Sarmati,
degli Ispanici di Tertesso, dei Veneti, dei Britanni… Tutti
distrutti: un patrimonio immenso, il patrimonio dell’umanità in
fumo! I seguaci del nuovo culto del “nazareno” anelavano a un
mondo nuovo, senza passato, e l’avrebbero ottenuto a qualsiasi
costo, tra incendi e rovine immani. Così agiscono tutti coloro
che, fanatici, sono impregnati di monoteismo. Ma, grazie a Dio, i
loro mondi non sono eterni: tutto macina la grande ruota di
Tyche!
Ma, ancora, non si era toccato il fondo.
La situazione ad Alessandria peggiorò nell’anno 412, quando
morì Teofilo e suo nipote Cirillo, notoriamente violento ed
intransigente, divenne patriarca della città.
Intanto era arrivato un nuovo prefetto di nome Oreste che,
meno pavido di Evagirio, si adoperava per contenere le
intemperanze dei seguaci del monoteismo e, per giunta, aveva
stretto amicizia con Ipazia e la sua cerchia d’intellettuali in gran
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