Page 65 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                del  Nilo,  l’altro  a  Giza,  mille  chilometri  più  a  Nord.  A
                mezzogiorno  del  solstizio  d’estate  ne  aveva  studiato  le  ombre:
                alla  prima  cataratta  del  Nilo,  situata  sul  Tropico  del  Cancro,
                l’obelisco  non  faceva  ombra,  mentre  ad  Alessandria  l’ombra
                c’era,  seppur  modesta.  La  dimostrazione  inoppugnabile  della
                sfericità  della  terra!  In  seguito,  misurando  la  lunghezza  di
                quell’ombra,  riportata  in  gradi,  il  buon  Eratostene  aveva
                calcolato  la  circonferenza  del  globo  terrestre,  giungendo
                all’incredibile  misura  di  216.000  stadi  e,  poiché  lo  “stadio
                alessandrino” corrispondeva a 185 metri, ne era emerso l’attuale
                perimetro di 40.000 chilometri!
                   Ipazia non si dilettava di astrologia, come accadeva per molte
                oche  starnazzanti,  proliferanti  non  soltanto  nel  mondo  greco  e
                romano,  ma  in  tutte  le  stagioni  dell’umanità  sotto  tutti  i  cieli,
                bensì di astronomia. Di certo avrebbe sorriso bonaria se avesse
                sentito  le  elucubrazioni  di  Keplero  o  di  Galileo,  dodici  secoli
                dopo, che cercavano di aprire squarci di luci nella notte eterna in
                cui era sprofondato il mondo, abbruttito da una casta sacerdotale
                onnipotente e onnipresente.
                   Il vescovo Cirillo, impregnato di dogmatismo, odiava Ipazia,
                soprattutto il suo sarcasmo, e invidiava tanto successo presso gli
                studenti; più ancora percepiva l’abisso culturale, incolmabile che
                li separava.

                   La bella maestra di filosofia, di matematica e astronomia fu
                aggredita  da  monaci  fanatici  e  brutali:  gli  stessi  che
                periodicamente lasciavano il deserto e calavano nella grande città
                armati di bastoni per fare pulizia di qualsiasi contestazione alla
                chiesa trionfante, a modo loro. Era il loro modo di lavare panni
                che  reputavano  sporchi:  bonificatori  in  nome  di  Cristo!  Per  la
                verità era  un’abitudine  ormai  diffusa  in tutto l’impero  romano:
                così  accadeva  anche  nelle  Gallie,  per  opera  dei  monaci  di  San
                Martino.  Da  tempo  la  persecuzione  antipagana  era  stata
                legalizzata con un editto imperiale: il terzo emesso da Teodosio.
                Ormai  era  lecita  la  caccia  a  chi  era  restio  ad  allinearsi,  nel
                tentativo di eliminare fisicamente chiunque non si genuflettesse
                di fronte al nuovo culto trionfante. Su tutti gli orizzonti ardevano
                i  templi  consacrati  agli  dei  olimpici,  egizi,  caldei,  ai  culti
                orientali e occidentali, e il loro fumo acre avvolgeva il mondo: un
                fumo  che  sarebbe  rimasto  per  secoli  e  secoli,  per  più  di  un
                millennio, ottenebrando le coscienze, tutte le coscienze!


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