Page 63 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                qualsiasi papiro, qualsiasi pergamena che non fosse il loro santo
                evangelo.
                   Le stesse donne, con l’affermarsi del nuovo culto impregnato
                di  pregiudizi  giudaici,  misogini,  pativano  una  progressiva
                emarginazione che, ben presto, sarebbe diventata assoluta.
                   In un simile contesto culturale in rapida degenerazione Ipazia
                costituì un’eccezione: studiò astronomia, matematica e filosofia,
                soprattutto la filosofia neoplatonica in auge a quei tempi, poiché
                esaltata  dai  cristiani  gnostici  che,  però,  costituivano  un’infima
                minoranza intellettuale e, ben presto, sarebbero stati spazzati via
                dall’ortodossia trionfante.
                   I  seguaci  del  nuovo  culto,  infatti,  vantavano  un’altra
                prerogativa  straordinaria:  non  soltanto  facevano  tabula  rasa  del
                passato,  incuranti  dell’enorme  patrimonio  culturale  che  si
                lasciavano  alle  spalle,  ma  si  eliminavano  tra  li  doro,  in
                interminabili  faide  infarcite  d’insulti  come  eretico,  relapso,
                apostata.  Vinceva  chi  esaltava  gli  eventi  più  mirabolanti  e,
                soprattutto,  chi  eliminava  fisicamente  il  maggior  numero  di
                avversari tra concili, bastonate e pulizie religiose, in nome di Dio
                unico e assoluto, patrigno, non padre celeste!

                   Il  padre  di  Ipazia  era  giunto,  all’apice  della  sua  carriera  di
                rettore universitario, a dirigere il famoso Serapeo di Alessandria:
                l’accademia  neoplatinica  più  prestigiosa  al  mondo,  che  aveva
                superato la stessa Accademia di Atene e le grandi scuole di Rodi
                e  Pergamo,  ormai  al  crepuscolo,  con  i  giorni  contati.  La
                tradizione vuole che quel padre dotto e premuroso la volesse al
                suo fianco, ancora giovanissima, e che con lei avesse curato “Il
                commento al terzo libro del Sistema matematico di Tolomeo”.
                   Ben presto la fama della bellissima Ipazia corse per le strade
                della  grande  città  di  Alessandria,  che  all’epoca  era  la  più
                popolosa  al  mondo,  sicuramente  più  importante  di  Roma  nei
                decenni  a  cavallo  tra  il  IV  e  il  V  secolo,  lacerata  da  diatribe
                religiose, non più filosofiche, violente e insanabili.
                   Tale era la fama, il fascino e la bellezza di quella maestra del
                libero pensiero che il poeta Pallada le dedicò un epigramma:
                   “Quando t‟incontro, mi prostro davanti alla tua persona, alle
                tue parole e alla tua poesia, vedendo in te la casa astrale della
                Vergine!  Verso  il  cielo,  infatti,  è  rivolto  ogni  tuo  atto,  oh
                incantevole Hypatia, bellezza della parola, astro incontaminato
                dalla sapiente cultura!”


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