Page 59 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 59
pagina n.58 420451_LAVORATO.pdf
la sesta al passaggio tra vecchia e “decrepitas”,
la settima corrispondeva alla morte, l’ultima porta.
E qui stava il bello! Giano, diversamente dai profeti che
pretendono arroganti di sapere cosa ci sia dietro a quella porta,
non si spinge a rivelare un simile segreto, che non si addice agli
esseri umani e che tale deve restare. Custodisce la porta e
nient’altro, senza troppe fantasie.
Un’ultima annotazione.
Se fosse dipeso da “mastro Erasmo”, gli anni della storia non
si dovrebbero contare prima e dopo Cristo, ma prima e dopo
Ipazia!
Un’orazione passionale:
Ipazia sarà sempre Ipazia! La regina tra i filosofi. Mille volte
più bella e splendente, lei greca – egiziana, della torbida
Cleopatra. Mille volte più santa di tutte le sante citate nella
“Leggenda aurea” di fra Jacopo da Varagine, scarnificata e
bruciata da monaci cristiani lordi di fanatismo.
Ipazia è una macchia nera, indelebile da mille e seicento anni
nella storia di Santa romana Ecclesia; un delitto più grave di
Galileo Galilei, di Giordano Bruno e di Michele Serveto.
La bellissima patrizia di Alessandria, sublime maestra di
filosofia, fu fulgido esempio di dignità, senza spazio e senza
tempo; vergogna imperitura per tutte le sante chiese del mondo,
dell’universo.
Ipazia nacque, visse, insegnò e morì martire ad Alessandria
d’Egitto, capitale mancata del mondo per la morte prematura di
Alessandro Magno, ma capitale culturale del bacino del
Mediterraneo dal 300 avanti Cristo al 415 dopo Cristo, quando
morì quarantacinquenne proprio la bella Ipazia. Poi furono le
tenebre, sul mondo intero, in nome dell’Unto dal Signore, unico
e terribile!
Ma chi era Ipazia?
Una figlia del suo tempo: un tempo terribile in cui una
religione terrificante, incentrata su un unico Dio assoluto,
spietato giudice ultraterreno, spazzava via la civiltà antica dei
Greci, dei Romani, degli Egiziani, dei Celti, dei Sumeri, dei magi
di Babilonia, per far posto non a una nuova civiltà, ma ad una
58