Page 325 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 325
pagina n.324 420451_LAVORATO.pdf
I Templari presenti in città, impotenti, ottennero un
lasciapassare per ritirarsi a Tiro e a Tripoli, com’era successo per
i cavalieri che presidiavano Gaza e Ascalona. Lo stesso Saladino
si fece garante della loro incolumità: ma non dovevano recarsi a
San Giovanni d’Acri o a Giaffa, ormai considerate prede di
guerra.
A mano a mano che la notizia della caduta del Santo
Sepolcro si diffondeva verso Occidente, le campane suonavano
da morto: era caduta Gerusalemme! Novanta anni di guerra,
d’immani sacrifici, erano finiti in cenere. Il luogo più santo in
mano ai Saraceni! Dio non poteva volere tutto questo! Bisognava
reagire, al più presto! Papa Gregorio VIII urlava isterico dal
pulpito che la caduta di Gerusalemme era un castigo di Dio, per i
peccati dei cristiani; e già si adoperava con forza a organizzare
una nuova crociata, che superasse tutte le precedenti. E seguì
davvero uno scatto di orgoglio!
Questa volta il papa non fu costretto a esortare e a supplicare:
si mossero spontaneamente i più grandi regnanti d’Europa, con i
loro eserciti. Federico di Svevia, noto come il Barbarossa,
imperatore del Sacro Romano Impero, lasciò la Germania con
una potente armata teutonica. Riccardo Cuor di Leone, re
d’Inghilterra, lasciò con una flotta i porti del suo regno. Partì
anche Filippo II Augusto, re di Francia, che non voleva essere
secondo a nessuno. In alto i vessilli gloriosi. Ci si andava a
riprendere ciò che era stato tolto dalla perfidia di un nemico
alleato del demonio! Avrebbero condotto il Saladino in catene
davanti al papa!
Ma, nonostante le buone intenzioni, gli eserciti erano
macchine lente da muovere e la Terrasanta restava lontano,
troppo lontana! A salvare quanto restava di “latino” sulle coste
del Libano e della Siria provvidero le flotte delle repubbliche
marinare italiane. Nel momento in cui il regno di Gerusalemme
sembrava dovesse perire da un giorno all’altro, dopo neppure un
secolo di vita, i Crociati superstiti riuscirono ad organizzare una
disperata resistenza, che avrebbe garantito un altro secolo di
sopravvivenza agli asfittici stati cristiani della Terrasanta.
Il primo a giungere dall’Europa fu Corrado, figlio del
marchese di Monferrato e fratello del primo marito della regina
Sibilla: approdò a Tiro con un gruppo di cavalieri franchi, due
settimane dopo la disfatta dei “Corni di Hattin”, e subito si
prodigò per la difesa della città.
324