Page 26 - I templari e il filo segreto di Hiram
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percorso iniziatico sicuramente suggestivo; accentuato da una
particolare condizione fisica allucinata, generata dai digiuni,
dalle bevande somministrate, dallo stesso ambiente circostante.
Tutto lasciava supporre, infatti, tra scricchiolii sinistri, ostacoli
vari, sospiri e fors’anche grida improvvise, una discesa agli
Inferi. Chi tentava di tornare indietro, di uscire dal labirinto,
veniva escluso dal rito d’iniziazione poiché indegno di superare
la prova. E’ molto probabile che le misteriose bevande
generassero incubi, vertigini, allucinazioni.
Lo stesso Plutarco, che aveva sperimentato l’esperienza del
labirinto di Eleusi, ebbe a riferire che “il velato” provava nel suo
cuore l’orrore della morte!
Poco si sa di questo labirinto, che alcuni vogliono con il
soffitto coperto dall’“albero dei sogni”: un maestoso olmo di
rame dai cui rami pendevano pipistrelli e mascheroni.
Poi, all’improvviso, ecco la luce!
L’araldo delle cose sacre esclamava festoso:
“Venite, velati, Dioniso è qui e con lui c‟è Demetra, in attesa
della figlia Persefone!”
Si alzava allora una voce femminile, alludente a Persefone:
“Madre mia, Dioniso, eccomi!”
E la voce greve dell’araldo alle cose sacre finalmente
spiegava:
“Morire è rinascere!”
Proprio come accade nella natura, che sembra morire al
solstizio d’inverno e poi rinascere all’equinozio di primavera.
Persefone (l’anima umana) era rinata: si era ricongiunta con la
madre Demetra (l’anima universale) e finalmente poteva
raggiungere lo sposo estivo Dioniso (la luce divina), lasciandosi
alle spalle lo sposo invernale Ade (la seduzione della materia) e
con lui Eros (la seduzione dei sensi).
L’iniziato, ora a capo scoperto, aveva sperimentato la morte
mistica e la successiva rinascita.
A questo punto, dopo aver indossato una candida veste,
poteva veniva condotto davanti al grande ierofante vestito di
porpora e apprendere i significati ermetici scolpiti su antiche
tavole, che non dovevano essere svelate ai profani, pena la
morte!
Veniva anche aperto il cesto che l’adepto non aveva mai
smesso di portare con sé, il cui contenuto, per la verità, resta
misterioso: forse dei fichi con chicchi di grano e un tralcio di
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