Page 25 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                bevanda, probabilmente del vino sacro a Dioniso, insaporito con
                sostanze  allucinogene,  nel  quale  inzuppare  il  pane,  dono  di
                Demetra.
                   Terminata  l’agape,  si  teneva  una  grande  fiaccolata  verso  i
                templi  di  Demetra  e  Dioniso,  capeggiata  dal  “daduchos”:  il
                primo  portatore  della  fiaccola  simboleggiante  la  luce  interiore
                prossima ad accendersi.

                   Intanto, ad Atene erano in corso le grandi feste Dionisie che
                s’intrecciavano con i riti misterici  eleusini,  e dalla grande  città
                dell’Attica  partiva  una  processione  d’iniziati,  “i  maestri”,  che
                percorreva la Via Sacra fino ad Eleusi portando in processione la
                statua di Jachos – Dioniso. E il loro arrivo prefigurava l’avvento
                della luce nelle tenebre.
                   Nell’avvistare la solenne processione, l’araldo alle cose sacre,
                lo hierokeryx, scacciava gli eventuali intrusi nell’area sacra con
                un  grido  “rituale  Eskato beleloi!”,  che  significa  “Via  da  qui  i
                non  iniziati!”.  E  se  qualche  intruso  fosse  stato  sorpreso  nella
                vasta  area  dei  templi  di  Eleusi,  rischiava  una  condanna
                esemplare; fors’anche la pena capitale.
                   Poi,  dopo  che  “i  maestri  da  Atene”  erano  entrati  nell’area
                sacra, ad ogni nuovo iniziando veniva consegnato un ramoscello
                di tirso e un piccolo cesto, rigorosamente chiuso: un contenitore
                che  “il  bussante”  doveva  sempre  portare  con  sé,  senza  potervi
                curiosare all’interno.
                   Seguivano  ulteriori  abluzioni  in  cui  i  partecipanti  al  rito  si
                lavavano  con  l’acqua  consacrata  e,  nel  lavarsi,  prestavano  il
                solenne giuramento di non rivelare ad estranei, ai non iniziati, ciò
                che avrebbero visto, sentito e provato cuore.
                   Ad  Eleusi  e  in  tutte  le  località  nel  bacino  del  Mediterraneo
                dove  si  ripeteva  il  rito,  veniva  generata  nei  partecipanti  la
                convinzione si trovassero in prossimità dei una soglia dell’Ade e
                che dovevano superare le tenebre, per arrivare alla luce.
                   Un rito di rinascita!
                   E la prova iniziatica della “vestizione” consisteva nel calarsi
                in un labirinto che alludeva all’Erebo.
                   Quando  il  daduchos  spegneva  la  fiaccola,  anche  le  altre
                fiaccole venivano spente per generare un buio profondo, palese
                allusione alla morte.
                   Nel  buio,  il  “velato”  veniva  condotto  dal  rispettivo
                “mistagogo”  (letteralmente  “il  maestro  del  velato”),  in  un


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