Page 148 - I templari e il filo segreto di Hiram
P. 148
pagina n.147 420451_LAVORATO.pdf
avrebbe dovuto rincorrere i Mori, ormai relegati in fondo alla
penisola iberica, nel regno di Granada, invece d’invadere le
strade di Parigi con i suoi “bianchi mantelli!
All’epoca un quarto della città, metà dei Marais, costituiva
un vasto quartiere “Templare”, fortificato, pieno di commerci,
inespugnabile, dotato di un possente castello.
Ancora oggi è facilmente individuabile il “grande
quadrilatero templare” delimitato da Rue du Temple, Rue Vieille
du Temple, Boulevard du Temple e Rue des Blancs Manteaux (i
mantelli bianchi dei cavalieri).
La stessa richiesta di annessione all’Ordine del Tempio,
avanzata dal re francese, rientrava nella logica d’esercitare un
controllo diretto, possibilmente egemone, sulla “Militia Templi”:
dall’interno. Ma l’impegnativa domanda fu respinta, nonostante
il re godesse dell’alto appoggio del papa. Se i Templari lo
avessero accolto tra le loro fila, lo stesso gran maestro avrebbe
visto drasticamente ridimensionate le sue prerogative.
Si disse, in seguito, che l’istanza fosse stata rigettata con
arroganza…
Era tradizione che i Maestri Templari ricevessero ordini
soltanto dal papa: così stava scritto nella loro regola, così era
stato sancito solennemente nel concilio di Troyes e così accadeva
da centosettantasette anni. Un re, per quanto potente, non poteva
ingerirsi nei loro affari né, tanto meno, arrogarsi il diritto di
diventare Gran Maestro.
In passato c’era stato il precedente dell’imperatore Federico
II di Svevia, che aveva cercato di assoggettare i Templari alla sua
sovranità nei domini dell’Italia Meridionale; ma anche in quel
caso il tentativo era fallito e l’imperatore aveva reagito con astio
ricorrendo alla calunnia e spogliandoli dei loro beni. Ma era stata
una tempesta passeggera. Ad ogni modo anche per l’imperatore
tedesco lo sfondo politico era identico: lo scontro tra papato e
istituzione laica, al più elevato livello.
In quella diffusa conflittualità i Templari, seppure
recalcitranti, furono costretti a fare “buon viso a cattivo gioco” e
si dimostrarono sottomessi al papa Gregorio IX.
Quando poi l’imperatore Federico II, scomunicato, si decise
a intraprendere la crociata e andò personalmente a Gerusalemme,
147