Page 147 - I templari e il filo segreto di Hiram
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                     infine  i  lebbrosi,  nel  1321;  persecuzione  scatenata  dal
                fratello di Filippo IV, Filippo V.
                     Dalla cronaca del monastero di Santo Stefano di Condom:
                “Cadde in febbraio moltissima neve, furono sterminati i lebbrosi,
                seguì  di  nuovo  un‟abbondante  nevicata  prima  di  metà
                quaresima; poi venne una gran pioggia.”
                     Tutto qui.
                     L’immenso orrore racchiuso in una semplice frase:
                     “Furono sterminati i lebbrosi”. Tutti i lebbrosi!
                      Al  tempo  in  cui  Filippo  il  Bello  era  in  rotta  con  papa
                Bonifacio  VIII  bastò  che  Guiscardo,  vescovo  di  Troyes,  si
                presentasse a Roma per un concilio, ignorando l’esortazione del
                re a disertare, che fu intenta contro di lui un processo di empietà
                e magia.
                     Si cominciò a dire che il vescovo non fosse figlio di colui
                che  gli  aveva  dato  il  nome,  ma  di  un  certo  Peto;  poi  furono
                raccolte  sessanta  testimonianze  che  lo  additavano  come  mago,
                incestuoso, avvelenatore, simoniaco, falsario. Quattro accusatori
                l’avevano visto evocare il diavolo nottetempo, nella cripta della
                cattedrale.  Quale  sacrilegio!  Altri  testimoni  prezzolati
                insinuarono che fosse stato lui ad avvelenare la regina di Francia,
                d’intesa con una maliarda. Si accennò a un rito demoniaco alla
                presenza  del  prelato:  durante  il  rito  la  fattucchiera  forgiò  una
                statuetta di cera che riproduceva la regina e il vescovo la battezzò
                blasfemo  con  acqua  benedetta  chiamandola  con  il  nome  della
                sovrana. A questo punto la megera avvicinò la statuetta al fuoco
                pungendola,  con  uno  spillo  avvelenato,  e  la  regina,  seppure
                lontana, si sentì male per poi morire mentre la cera, con cui era
                forgiata la statuetta, cominciava a fondersi. Un ultimo testimone
                incrementò  la  montagna  d’incredibili  accuse:  il  vescovo  aveva
                intenzione di avvelenare, con lo stesso sistema, il re di Navarra,
                asserendo “che quel re non aveva mai fatto niente di buono”. Lo
                stesso testimone lo aveva visto allevare animali velenosi, come
                vipere, ragni e scorpioni, per trarne micidiali veleni.
                     Questo era il clima dell’epoca.
                     Per la verità, a preoccupare moltissimo il re di Francia era
                stato il penultimo Gran Maestro templare, Thibaud Gaudin, che
                aveva  trasferito  i  suoi  cavalieri  a  Parigi,  ormai  disoccupati  in
                Oriente,  invece  di  condurli  a  Occidente,  in  Spagna  dove
                continuava la “riconquista” dei re spagnoli.
                     Secondo  Filippo  “il  Bello”  quel  gran  maestro  templare


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