Page 85 - Il giornalino di Gian Burrasca
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- Tanti danni? - risposi singhiozzando. - Io non ho fatto niente... È il mio destino infame che mi
            perseguita sempre, perché son nato disgraziato... -
               In quel momento entrò il Collalto che, avendo udite le mie ultime parole, esclamò a denti stretti:
               - Disgraziato? Disgraziati son quelli che devono tenerti in casa... ma per me, questa volta puoi
            star sicuro, è una disgrazia che finisce domani! -
               L'accento ironico di mio cognato mi fece tanto rabbia in quel momento, che le lacrime mi si
            seccarono a un tratto negli occhi, e scattai:
               - Sì, disgraziato! Qualche volta, è vero, m'è successo di far del male che poi è riuscito in bene per
            gli altri, come il fatto di quel marchese che faceva i bagni di luce dal professor Perussi il quale
            guadagna ora dei bei quattrini con la cura della cipolla che ho inventata io...
               - Ma chi te l'ha detto?...
               - Lo so e basta. E come quell'altro fatto della marchesa Sterzi alla quale ho fatto credere che tu
            mi abbia guarito dalla voce nasale...
               - Zitto!
               - No, non voglio stare zitto!  E siccome quel fatto ti fece dimolto comodo, così tu non mandasti
            la lettera a casa mia, per non dare un dispiacere ai miei genitori! Succede sempre così: quando il
            male che può fare un ragazzo vi torna utile, voialtri grandi siete pieni di indulgenza; mentre poi se
            facciamo magari qualcosa a fin di bene e che ci riesce male, come è successo a me stamani, allora ci
            date tutti addosso senza remissione!..
               - Come! Ardiresti di sostenere che quel che hai fatto stamani era a fin di bene?
               - Sicuro! Io volevo far godere un poca di libertà a quel povero canarino che s'era annoiato a star
            sempre rinchiuso in quella gabbia; è forse colpa mia se il canarino appena fuori ha sporcato il
            ricamo di seta della sera Matilde? Allora il gatto l'ha voluto castigare e gli è saltato addosso; è colpa
            mia se Mascherino è troppo severo e si è mangiato il canarino?  Per questo fatto si meritava una
            lavata di testa e io l'ho messo sotto la cannella del bagno... È colpa mia se l'acqua gli ha fatto male
            allo stomaco? È colpa mia se ha rotto il vaso di vetro di Venezia? È colpa mia se, non riuscendomi
            di chiudere la cannella del bagno, l'acqua ha allagato il salotto e ha fatto scolorire il tappeto di
            Persia della sora Matilde?  E poi io ho sempre sentito  dire che i tappeti veri di Persia non
            sbiadiscono... Se è sbiadito vuol dire elle non era persiano...
               - Come non era persiano! - urlò in quel momento la sora Matilde
            entrando in camera di mia sorella come una bomba. – Anche le
            calunnie! E che calunnie! Si osa calunniare la buon'anima di mio zio
            Prospero che era un galantuomo, incapace di regalarmi un tappeto
            persiano falso!... Ah! Quale profanazione, mio Dio!... -
               E la sora Matilde appoggiò un gomito sul cassettone alzando gli
            occhi al cielo e prendendo una posa malinconica che mi è rimasta così
            impressa da poterla riprodurre come un ritratto con la fotografia, e
            che lì per lì mi fece proprio ridere.
               -   Andiamo,   via!   -   esclamò   mia   sorella.   –   Non   bisogna   poi
            esagerare: Giannino non voleva certo mancar di rispetto a tuo zio...
               - Non è forse mancar di rispetto a mio zio il dire che mi ingannava
            regalandomi dei tappeti coi colori falsi?  Sarebbe come se dicessi a te
            che hai le gote tinte col rossetto!
               - Eh no! - rispose piccata mia sorella. - Non è lo stesso caso perché
            il tappeto alla fin fine è scolorito, mentre io ho in faccia una tinta che
            non sbiadisce, e, grazie a Dio, non divento mai gialla...
               - Dio, come prendi le cose sul serio! – esclamò la sora Matilde
            sempre più indispettita. - Io ho fatto un paragone, e non ho voluto dir
            niente affatto che tu ti tinga. Se mai lo dice qui il tuo signor fratello
            che mi ha raccontato che quando eri ragazza avevi il rossetto  sulla
            toelette... -
               A queste parole mi sentii arrivare uno scapaccione che veniva certo da mia sorella, e corsi a
            chiudermi in camera mia, dalla quale sentii una gran lite che si accendeva tra le due donne che
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