Page 77 - Il giornalino di Gian Burrasca
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2 gennaio.
Eccoci nell'anno novo!
Che pranzo, ieri! Quanti dolci e liquori e rosolii e pasticcini di tutti i colori
e di tutti i sapori!
Che bella cosa è il capodanno e che peccato che venga così di rado! Se
comandassi io, vorrei fare una legge perché il primo dell'anno capitasse
almeno un paio di volte al mese, e ci starebbe anche la sora Matilde, la quale
ieri mangiò tanti biscottini, che stamani ha dovuto pigliare l'acqua di Janos.
3 gennaio.
Ieri ne ho fatta una grossa, ma però ci sono stato spinto; e se si andasse in
tribunale, credo che i giudici mi darebbero le circostanze attenuanti, perché era
un pezzo che il signor marchese mi provocava senza nessuna ragione.
Questo signor marchese è un vecchio ganimede tutto ritinto che viene dal
professor Perussi, dove anche lui fa una cura elettrica ma tutta diversa dalla
mia perché lui fa i bagni di luce, mentre io fo il massaggio... o per dir meglio
lo facevo perché dopo questo fatto non lo fo più.
Pare che a questo tale il professor Perussi avesse raccontato il fatto
dell'automobile che fu causa che io mi ruppi il braccio, perché ogni volta che
ci incontravamo su nel gabinetto di consultazione mi diceva:
- Ehi, giovanotto! Quando andiamo a fare una corsa in automobile! -
E questo me lo diceva con un risolino così maligno, che non so come abbia fatto a non
rispondergli male.
Io domando chi gli dava il diritto, a questo corvo spelacchiato che non so nemmeno come si
chiama, di mettere in ridicolo la mia disgrazia, e se io non avevo tutte le ragioni d'averlo preso in
uggia e di accarezzare l'idea di fargli qualche tiro che gli servisse di lezione...
E il tiro gliel'ho fatto ieri ed è riuscito anche peggio di come l'avevo architettato io.
Bisogna sapere prima di tutto che il bagno di luce che fa il signor marchese consiste in una specie
di cassa piuttosto grande, dentro la quale il malato si mette a sedere su un apposito sedile, e ci riman
chiuso dentro con tutta la persona, meno la testa, che sporge fuori da un'apertura rotonda nella
parete superiore. Dentro questa cassa vi sono moltissime lampade rosse di luce elettrica che rimane
accesa e nella quale dicono che il malato fa il bagno, mentre invece non si bagna per niente e resta
asciutto come quando ci è entrato, se non di più.
Io, dunque, avevo visto un paio di volte il signor marchese entrare in codesto cassettone, che è in
una stanza molto distante da quella dove io mi facevo il massaggio, e rimanervi un'ora, trascorsa la
quale l'inserviente andava ad aprir la cassa e a levarlo di dentro.
E lì in quella stanza ieri si è svolta la mia feroce ma giusta vendetta.
Avevo portato con me una cipolla che avevo trovato in cucina a casa di mia sorella. E dopo fatto
il massaggio, invece d'andar via, sgattaiolai nella stanza del bagno di luce dove si era recato poco
prima il signor marchese.
Egli era là, infatti, ed era così buffa quella sua testa tutta ritinta sporgente fuori da quel cassone,
che non potei fare a meno di ridere.
Egli mi guardò meravigliato, e poi, col suo solito risolino canzonatorio, mi disse:
- Che venite a far qui? Perché non andate a fare una passeggiata in automobile, oggi che è una
bella giornata? -
Io non ne potevo più dalla rabbia. Tirai fuori la cipolla e gliela stropicciai forte forte sotto il naso
e tutt' intorno alla bocca; ed era buffo il sentirlo agitar gambe e braccia dentro il cassone dov'era
chiuso, senza poter difendersi in nessuna maniera, e vederlo fare con la faccia le più ridicole
smorfie, cercando di gridare, ma inutilmente, perché l'odore acutissimo della cipolla quasi lo