Page 55 - Il giornalino di Gian Burrasca
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È passata una notte sola, da che il babbo, la mamma e Ada sono
            andati via, e posso dire di essere abbastanza contento di me. È
            vero che ieri ruppi lo specchio in camera della mamma, ma
            quella fu proprio una disgrazia. Ero con Carluccio a giocare a
            palla in quella stanza, con l'uscio chiuso, perché Virginia non
            sentisse, quando la palla, che avevo legata alle calosce di mia
            sorella, per vedere se rimbalzava di più, andava a colpire lo
            specchio sul cassettone, che, com'è naturale, si ruppe in mille
            pezzi, rovesciando sul tappeto nuovo una bottiglia d'acqua di
            Colonia.
            Allora pensammo di andare a giocare in giardino; ma ecco che
            dopo pochi minuti comincia a pioviscolare. Fummo costretti a
            rifugiarci in soffitta e rovistare tutte quelle antichità.
            Quando più tardi andai a pranzo, mi misi addosso una vecchia
            zimarra del nonno, che avevo trovato appunto in soffitta; e non
            so dire le risate che fecero Virginia e Caterina nel vedermi così
            travestito.
            Avrò la bicicletta? Mi pare di essere stato abbastanza buono.



            1° dicembre.


            Sono due giorni e due notti che i miei genitori sono partiti, e non ho fatto altro che pensare alla
            bicicletta.
            Questa volta sono proprio sicuro d'acchiapparla.

            Oggi   è   stata   una   giornata   veramente   di   Paradiso:
            tirava un bel venticello fresco, che mi ha fatto venire
            la voglia di andare a pescare, badando bene però di
            non affogare come mi successe l'altra volta, se no
            addio bicicletta! Dopo scuola sono andato a comprare
            una lenza nuova, degli ami, e mi sono avviato in riva
            al fiume. Da principio non venivano su che delle
            erbacce, poi ho preso due ghiozzi, che sono sguizzati
            un'altra   volta   nell'acqua;   ma   verso   buio   ecco
            un'anguilla vera, grossa come un coccodrillo.
            Che dovevo farne? Naturalmente, l'ho portata a casa per mangiarla domani mattina a colazione, e
            per divertirmici stasera ho pensato di metterla per benino sul pianoforte, in salotto da ricevere. Dopo
            pranzo, Caterina ha acceso i lumi in quella stanza, e mia sorella è scesa giù e si è messa a sonare e
            cantare la solita romanza che canta sempre e che comincia: Nessuno ci vede, nessuno ci sente...
            A un tratto, ha dato un grand'urlo:


            - Ah! Una vipera!... Uh!... Ah!... Oh!... Ih!... Eh!... -
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