Page 52 - Il giornalino di Gian Burrasca
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Poi l'ho messa a sedere su una pietra, vicino alla siepe, dicendole che doveva far finta d'essere
            smarrita. E mi sono avviato tranquillamente verso casa.
               Intanto ella urlava, urlava proprio come se fosse stato uno schiavo vero, e io mi tappavo gli
            orecchi per non sentire perché volevo seguitare il gioco fino in fondo. Il cielo era stato tutto il
            giorno coperto di nuvole, e in quel momento cominciarono a venir giù certi goccioloni grossi
            grossi... Quando sono entrato in salotto tutti erano a tavola ad aspettarci. Sulla tovaglia c'era un
            bellissimo vassoio pieno di crema e di savoiardi che mi hanno fatto venir subito l'acquolina in
            bocca.
               - Oh, eccoli finalmente! - ha esclamato la mamma vedendomi, con un respirone di sollievo. -
            Dov'è Maria? Dille che venga a pranzo.
               - Abbiamo fatto il gioco dello schiavo, - ho risposto. - Maria deve fingere di essersi smarrita.
               - E dove si è smarrita? - ha domandato la mamma ridendo.
               - Oh, qui vicino, nel viale dei Platani, - ho continuato, mettendomi a tavola a sedere.
               Ma il babbo, la mamma, la signora Merope e l'avvocato Maralli sono scattati in piedi, come se la
            casa fosse stata colpita da un fulmine, mentre invece tonava appena appena.
               - Dici sul serio? - mi ha domandato il babbo, stringendomi forte il braccio, e imponendo agli altri
            di mettersi a sedere.
               - Sì; abbiamo fatto quel giuoco del signore e dello schiavo. Per questo ho dovuto travestirla da
            mulatto; e io che facevo il padrone che l'abbandonava l'ho lasciata sola laggiù; poi viene la fata, che
            la conduce in un palazzo incantato, e lei diventa, non si sa come, la più potente regina della terra. -
               Nessuno ha più messo un boccone in bocca, dopo che ebbi detto questo, meno io. La signora
            Merope si torceva le mani dalla disperazione e diceva che la bambina sarebbe morta dallo spavento,
            che aveva paura dei tuoni, che le sarebbe venuta certamente una malattia, e altre esagerazioni simili.
               A sentirla, pareva che dovessero succedere tutti i guai del mondo per un po' di freddo e un po'
            d'umidità.
               - Brutto! Cattivo! Scellerato! - ha esclamato Virginia, strappandomi di mano i biscotti che stavo
            per mangiare. - Non la finisci mai con le birbonate? Che coraggio hai avuto di venire in casa e di
            lasciare quell'angiolo caro, laggiù. sola, al freddo e al buio? Ma che cosa ti viene fuori dalla tasca?
               - Oh nulla, sono i capelli di Maria. Glieli ho dovuti tagliare perché non fosse riconosciuta. Non
            ho detto che l'ho travestita da mulatto, con i capelli corti e la faccia nera? -
               Qui la signora Merope si è fatta pallida pallida, ed ha chinato la testa.
               La mamma ha cominciato a spruzzarle il viso con l'aceto, e piangeva e singhiozzava. Il babbo si
            è alzato per andare a prendere una lanterna. Che furia d'andare a cercare quella bambina! Nemmeno
            se fosse stata un oggetto di valore! Mi faceva stizza di veder la casa in iscompiglio per una cosa da
            nulla. Il fatto è che mi è toccato di smetter di mangiare per andare a far vedere in che posto avevo
            lasciato Maria.
               Era una vergogna sentire quello che dicevano di me; pareva che non fossi lì presente! Dicevano
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