Page 51 - Il giornalino di Gian Burrasca
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La Maria ha fatto la spia al suo zio dell'affare della bambola, e
stasera l'avvocato ,Maralli mi ha detto:
- Ma dunque tu, Giannino mio, ce l'hai proprio con gli occhi degli
altri!... -
Però dopo un poco ha ripreso sorridendo:
- Via, via, faremo accomodare gli occhi della bambola... come si
sono accomodati i miei. E del resto, cara Maria, bisogna consolarsi
nel pensare che tutte le disgrazie non vengono per nuocere. Guarda
quella toccata a me, per esempio! Se Giannino
non mi tirava una pistolettata in un occhio io non sarei stato così pietosamente ospitato e assistito
in questa casa, non avrei avuto modo forse di apprezzare tutta la bontà della mia Virginia... e non
sarei ora il più felice degli uomini! -
A queste parole tutti si sono commossi, e Virginia mi ha abbracciato piangendo.
In quel momento io avrei voluto dire tutto quello che mi passava nell'animo, ricordando le
ingiustizie patite e facendo conoscere col fatto che i grandi hanno torto di perseguitare i ragazzi per
ogni nonnulla, ma sono stato zitto perché ero commosso anch' io.
22 novembre.
Riaprendo il giornalino, e rileggendo le ultime parole scritte ieri l'altro mi si riempie l'anima dì
malinconia e dico fra me: - Tutto è inutile, e i grandi non si correggeranno mai… -
E intanto anche questa volta, addio bicicletta!
Mentre scrivo sono qui barricato in camera mia, e deciso a non cedere finché non avrò la
sicurezza di non essere picchiato dal babbo.
Il fatto, come sempre, si riduce a una inezia e la causa di esso dovrebbe procurarmi un premio
invece che un gastigo, avendo io fatto di tutto per obbedire la mamma che ieri, prima di andar via di
casa con le mie sorelle e con la signora Merope per far delle visite, mi aveva detto: - Cerca di
divertire Maria, mentre siamo fuori, e abbi giudizio. -
Io, dunque, dopo aver fatto con lei da cucina e qualche altro giuoco, tanto per contentarla,
essendomi seccato a queste stupidaggini da bambini, le ho detto:
- Guarda, è quasi buio e c'è un'ora prima di andare a desinare: vogliamo fare quel bel giuoco,
come ti feci vedere ieri in quel bel libro di figure? Io sarò il signore e tu lo schiavo che io
abbandono nel bosco...
- Sì! Sì! - ha risposto subito.
La mamma, con le mie sorelle e la signora Merope non erano ancora tornate; Caterina era a
preparare da mangiare in cucina: e io ho condotto Maria in camera mia, le ho levato il vestitino
bianco, e le ho messo il mio di panno turchino, perché sembrasse proprio un ragazzo. Poi ho preso
la mia scatola di colori e le ho tinto la faccia da mulatto, ho preso un paio di forbici e siamo scesi
giù nel giardino, dove ho ordinato allo schiavo che mi venisse dietro.
Eravamo giunti in un viale solitario, quando rivolgendomi a Maria, ho raggiunto:
- Senti: ora ti taglio i riccioli, come nel racconto, se no ti riconoscono.
- La mamma non vuole che tu mi tagli i capelli! - ha risposto lei mettendosi a piangere. Ma io
non le ho dato retta: le ho tagliato tutti i riccioli perché altrimenti non era possibile fare quel gioco.