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L’età contemporanea

                    se fu quella dell’isolazionismo cui si accompagnò una ferrea di-
                    fesa delle tradizioni. I commerci con gli stranieri erano vietati:
                    solo a Nagasaki, ma con molte limitazioni, il porto era aperto
                    agli operatori esteri. Cina e Olanda erano gli unici partner com-
                    merciali. Questa situazione di totale impermeabilità alle in-
                    fluenze provenienti da altre e più avanzate regioni del mondo
                    non era destinata a protrarsi oltre la metà del XIX sec. Già in oc-
                    casione della Guerra dell’oppio (v. cap. 10), i ceti dirigenti giap-
                    ponesi iniziarono a prendere in esame la questione di un po-
                    tenziamento delle difese nazionali, temendo un eventuale spo-
                    stamento sul loro arcipelago degli interessi occidentali. La que-
                    stione sollevò forti contrasti interni, ma fu affrontata a ragione:
                    nel 1853, infatti, il commodoro Perry al comando di una flotta
     L’apertura dei porti  americana intimò alle autorità imperiali l’apertura dei porti. In
                    breve agli USA si associarono gli Europei; le pressioni interna-
                    zionali costrinsero il Giappone a cedere: nel 1854 lo shogun
                    Tokugawa Iesada sottoscrisse il Trattato di Kanegawa che sta-
                    bilì l’apertura dei porti di Shimada e Hakodate e concesse agli
                    Stati Uniti un rappresentante permanente; poco dopo analogo
                    trattamento fu riservato a Gran Bretagna, Francia, Russia e Pae-
                    si Bassi. La firma degli accordi suscitò nell’arcipelago uno stato
                    di crisi interna che sfociò in una vera guerra civile. Solo nel
     1867: restaurazione  1867 fu ristabilito l’ordine, con la restaurazione del potere im-
     imperiale      periale: salì al trono l’imperatore Mutsuhito (Meiji Tenno,
                    1867-1912) che non esitò a porre sotto il proprio controllo gli
                    affari interni e la politica estera (era Meiji). Consapevole del-
                    l’arretratezza del suo Impero, egli stilò un programma di go-
     La modernizzazione  verno mirante alla modernizzazione. Tale processo fu favorito
                    dall’introduzione delle tecnologie e dell’industria occidenta-
                    li: Mutsuhito desiderava portare il Paese su un piano di parità
                    con le altre potenze mondiali. Intervenne quindi nell’organiz-
                    zazione interna della società: per legittimare la centralizzazio-
                    ne del potere nelle sue mani, ordinò la confisca delle proprietà
                    dello shogun (1868) e dei daimyo. Nel 1871 i feudi furono abo-
                    liti. Due anni più tardi una riforma fiscale introdusse una tassa
                    in danaro che portò nelle casse dello Stato un ricco flusso di li-
                    quidità. La casta nobiliare dei samurai venne privata di ogni pri-
                    vilegio: ai suoi esponenti fu assegnata una pensione statale.
                    L’amministrazione locale fu affidata a prefetti, mentre nel Pae-
                    se furono introdotte l’istruzione (1872) e la coscrizione (1873)
                    obbligatorie.

                    ■ Lo sviluppo economico e industriale
                    L’ascesa giapponese fu impressionante e presto l’Impero di
     Vertiginoso sviluppo  Mutsuhito raggiunse una potenza economica, militare e poli-
                    tica di grande rilievo. Per raggiungere questi traguardi, il go-
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