Page 74 - Storia della Russia
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«gran gosudar’». Ma a differenza di Filaret, Nikon non aveva legami di sangue con lo zar
ed era molto vulnerabile: la sua arroganza e le sue pretese gli alienarono la corte e quando
Aleksej tornò in patria, più esperto e più sicuro di sé, i rapporti tra lo zar e il patriarca si
guastarono. Lo scontro culminò nel 1667, con la deposizione di Nikon in un concilio e con
la netta affermazione di supremazia del potere temporale su quello spirituale: uno scarto
dalla tradizionale «sinfonia» bizantina tra imperatore e patriarca e la negazione
dell’immagine di Mosca come impero ortodosso universale.
Tuttavia, allo stesso tempo, il concilio confermò le riforme liturgiche di Nikon e
scomunicò i vecchi credenti. Questa decisione causò uno scisma che allontanò milioni di
persone dallo stato e dalla sua Chiesa «nikoniana» ufficiale. La spaccatura rifletteva anche
la debole autorità della Chiesa nei confronti dei suoi fedeli e i difficili rapporti, in
particolare nelle campagne, tra le alte gerarchie ecclesiastiche e il popolo, con i suoi
problemi e le sue aspirazioni. Benché privi di potere politico, con il tempo gli scismatici
costituirono una società alternativa all’interno della società russa, e questo ebbe notevoli
conseguenze. Secondo i vecchi credenti usare il sapere straniero per cambiare le forme e le
pratiche religiose della Moscovia significava tradire la vera spiritualità russa ortodossa,
sancita dai Padri della Chiesa e tramandatasi intatta attraverso le generazioni: era un
tradimento che portava direttamente all’apostasia e alla dannazione, facendo chiaramente
presagire la venuta dell’Anticristo. Questa era la visione dell’arciprete Avvakum, un altro
Zelota della pietà, che in seguito sarebbe divenuto il più noto rappresentante dei vecchi
credenti, anche se all’epoca non ebbe un ruolo di spicco. La straordinaria autobiografia di
Avvakum fu una delle prime opere importanti scritte in volgare russo. Una volta deposto,
Nikon morì come semplice monaco nel 1681, mentre Avvakum fu arso sul rogo l’anno
successivo. Nonostante le persecuzioni, i vecchi credenti sopravvissero. Alcuni dissidenti
si immolarono suicidandosi per sfuggire all’Anticristo; molti altri cercarono rifugio in
luoghi remoti, contribuendo alla colonizzazione delle zone periferiche. Essi svilupparono
una propria cultura con un alto livello di alfabetizzazione e specializzandosi nella
riproduzione manoscritta dei loro testi (negli anni Sessanta del Novecento, in una sperduta
valle siberiana fu scoperta una casa dove si producevano ancora manoscritti per i vecchi
credenti). La solidarietà e il mutuo soccorso tra i rappresentanti di questa fede, tutt’oggi
ancora esistente, li portò al successo economico: alcuni dei maggiori imprenditori russi del
XIX secolo ne erano seguaci.
Le riforme liturgiche di Nikon, che miravano a correggere errori evidenti,
rappresentarono paradossalmente un tentativo conservatore di ritornare al Cristianesimo
ortodosso «originario» e riportare la tradizione moscovita nel solco dei testi greci. Inoltre,
mancando della necessaria competenza per una simile opera, Mosca dovette ricorrere a
monaci educati all’estero, sul monte Athos o in Ucraina. In questo campo la cultura di
Kiev era più sofisticata, perché lì l’ortodossia aveva dovuto fronteggiare a lungo la
minaccia ideologica del cattolicesimo. Nel 1634 il metropolita di Kiev, Pëtr Mogila, aveva
fondato un’Accademia ortodossa sul modello delle scuole gesuitiche che cercava di
avversare. L’Accademia mogiliana divenne un influente centro di studio sistematico in
un’epoca in cui la Moscovia non possedeva nulla di simile. Per avere una scuola secolare
di quel genere, Mosca dovette attendere il 1686, quando fu aperta l’Accademia slavo-
greco-latina. Dopo la deposizione di Nikon il clero ucraino occupò molte posizioni
importanti all’interno della gerarchia moscovita.