Page 75 - Storia della Russia
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Il mutamento culturale
Il conservatorismo della Chiesa ufficiale del XVII secolo trovò espressione anche in tutta
la sfera culturale, portando a un’azione di retroguardia contro il progressivo diffondersi
nella società moscovita di influenze culturali estere, che provenivano principalmente dagli
stranieri reclutati per le necessità dello stato. Nikon, che cambiò la liturgia in modo
autoritario, fece distruggere pubblicamente le icone dipinte in stile realistico, non
tradizionale. Si stava diffondendo l’uso del tabacco, considerato dalla Chiesa un abominio,
e alcuni uomini addirittura profanavano l’immagine divina dell’uomo radendosi la barba:
nel 1675 lo zar Aleksej promulgò un decreto che vietava di vestirsi con abiti stranieri e di
tagliarsi i capelli. Nel 1652 la crescente colonia di occidentali residenti a Mosca (soldati,
mercanti, artigiani) era stata segregata in un quartiere separato alla periferia della città, che
aveva sostituito quello distrutto da Ivan IV. (Lo zar, inorridito dalla recente sacrilega
decapitazione di Carlo I d’Inghilterra, aveva esiliato temporaneamente la comunità inglese
ad Archangel’sk.) Il nuovo quartiere straniero (o quartiere tedesco) prosperò: l’unità fu la
sua forza.
Anche a corte l’atmosfera culturale stava cambiando. Aleksej era noto per la sua
devozione ai precetti della Chiesa, e grazie alla sua religiosità si guadagnò il soprannome
di «zar mite». Appoggiò la riforma liturgica, ma non tollerò né il cesaropapismo di Nikon
né la xenofobia oscurantista di Avvakum: la deposizione del patriarca e la scomunica dei
vecchi credenti furono segnali della crescente autorità della corona. Ma la condanna
pubblica delle mode straniere non rispecchiava il suo stile di vita. Le sue sortite in Polonia
durante la Guerra dei tredici anni erano state per lui esperienze fondamentali: benché
conoscesse fin dall’infanzia oggetti importati dall’Occidente e gli usi dei visitatori
stranieri, la Polonia e i suoi palazzi gli rivelarono un nuovo mondo intellettuale e
culturale. Al suo rientro in patria, come scrisse il suo medico, l’inglese Samuel Collins, «il
suo pensiero si era evoluto ed egli cominciò a imporre maggior solennità alla sua corte e ai
suoi palazzi». Senza sfidare pubblicamente i dettami della Chiesa nelle questioni morali e
culturali, Aleksej, la sua famiglia e il suo entourage cominciarono a interessarsi in privato
a idee, attività e artefatti nuovi. Attraverso agenti commissionari acquistarono
regolarmente strumenti e ninnoli europei. I nuovi mobili dei loro appartamenti riflettevano
le nuove idee architettoniche dei palazzi che li ospitavano: il cosiddetto barocco moscovita
o Naryškin del tardo XVII secolo mostra evidenti influenze italiane e il palazzo di Aleksej
Kolomenskoe fu decorato secondo il nuovo stile. A corte furono organizzate
rappresentazioni teatrali a uso strettamente privato, e Aleksej assunse Semën Polockij,
sacerdote e poeta bielorusso, come istitutore per i suoi figli, alcuni dei quali impararono
anche il polacco e il latino. Artisti occidentali trovarono ingaggi a Mosca: i ritratti nello
stile polacco della parsuna divennero di moda fra l’élite, e il brillante Semën Ušakov fu
l’esponente di spicco di una nuova scuola figurativa dai tratti innovativi nella pittura delle
icone; nel 1683 ai laboratori dediti a questo genere di pittura andò ad aggiungersene uno di
arte profana. Anche alcuni membri della corte adottarono un nuovo stile di vita: il più
famoso è il principe Vasilij Golicyn, primo ministro durante la reggenza della figlia di
Aleksej, Sofia, e noto per il suo palazzo maestoso, la predilezione per gli stranieri e la
padronanza delle lingue. Il mutamento culturale fu graduale, informale e limitato a piccoli
circoli, ma si insinuò nell’élite.