Page 76 - Storia della Russia
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Innovazioni simili si possono osservare anche nell’economia e nel pensiero economico.
Le dottrine mercantiliste, correnti in Europa orientale e occidentale, entrarono nella
Moscovia con i mercanti e gli ambiziosi imprenditori stranieri. Il governo tentò di
rafforzare l’economia e aumentare le entrate incoraggiando gli stranieri a fondare industrie
nel paese (ad esempio la fonderia di Tula, nata nel 1632), ma si preoccupò anche di
proteggere i mercanti russi dai loro concorrenti esteri: impose dazi pesanti sulle
importazioni e acquisì il monopolio delle merci da esportazione. Il grande fautore delle
politiche mercantiliste fu il ministro Afanasij Ordyn-Naščokin, che approfittò della Guerra
dei tredici anni per favorire gli interessi commerciali russi nel Baltico; alla fine della
guerra redasse il fondamentale Nuovo Codice Commerciale del 1667. Anche se Mosca
non poteva contare su una tradizione navale, l’aspirazione al commercio con l’Oriente
spinse Aleksej a costruire ed equipaggiare, sotto la supervisione olandese, una flottiglia
sul mar Caspio, le cui navi, tuttavia, furono bruciate da Sten’ka Razin nel 1670. Lo
sviluppo di queste politiche mercantiliste, nate per ampliare e consolidare il potere statale,
prefigurò l’aggressivo cameralismo di Pietro I, che derivava dal mercantilismo europeo.
Nel corso del XVII secolo la nuova dinastia Romanov sviluppò un sistema di governo e
capacità economiche e militari che le permisero di dominare la società, finanziare le
proprie guerre e imporsi su un nemico storico, la Polonia. La dinastia rafforzò il proprio
potere allargando il proprio campo d’azione amministrativo, e assicurandosi l’appoggio
dell’élite di servizio, mentre rafforzava e accrebbe il suo controllo sui contadini, sulle città
e sull’instabile e pericolosa frontiera meridionale. Nessuna autorità istituzionale frenava o
controbilanciava più il suo dominio: il regno di Aleksej segnò il completo instaurarsi di un
regime assolutistico. Gli studiosi hanno parlato di uno «sviluppo ipertrofico del potere
statale» (Richard Hellie), un processo che di per sé metteva in discussione la tradizionale
cultura, l’autorappresentazione e la Weltanschauung moscovite come si erano evolute dal
XV secolo in poi e provocò la «crisi del tradizionalismo», minando le sicurezze della
Moscovia attraverso i contatti con altre società e la necessità di sopravvivere agli
imperativi della competizione internazionale. La diffusione graduale di atteggiamenti
culturali lontani dall’ortodossia rifletteva il crescente individualismo e secolarismo
dell’élite. Sintesi di questo scontro di civiltà sarà il regno di Pietro I, sia nella sua persona
e nel suo comportamento, sia nei suoi rapporti con la società, che egli spinse con metodi
polizieschi a adeguarsi ai nuovi valori.