Page 73 - Storia della Russia
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di comunicazione politica ancora nell’epoca sovietica). Il Codice legò più fedelmente al
trono la classe media dei servitori, unificando le forme di possesso terriero e, come
abbiamo visto, abolendo il limite di tempo per il reclamo dei contadini fuggiti. Così
l’asservimento divenne definitivo; neanche la fuga illegale garantiva più la libertà: una
volta servo della gleba, lo eri per sempre. Tramite altri provvedimenti fu rafforzata anche
l’istituzione della schiavitù. Si venne incontro alle richieste dei cittadini con nuove pene
per la corruzione, un problema costante e irrisolvibile, e con l’esclusione dal territorio
cittadino e dai diritti per chi non pagava le tasse; il Codice, tuttavia, legava i cittadini,
come i contadini, alla propria comunità. Sebbene molti di questi provvedimenti siano stati
mal applicati, e col tempo ignorati, il Codice accrebbe a tutti gli effetti il controllo e
l’autorità del governo. Oltre a offrire procedure più sistematiche con cui amministrare la
giustizia, le sue disposizioni ponevano l’accento molto meno sui diritti che sugli obblighi
e sul servizio, ed inoltre irrigidirono le differenze di classe all’interno della società
moscovita. Nello stesso periodo la creazione della Cancelleria per i monasteri, che poteva
intervenire nell’amministrazione ecclesiastica, indebolì anche il potere istituzionale della
Chiesa.
La difficile situazione ereditata dall’«epoca dei torbidi» e i crescenti scontri a ovest con
le potenze cristiane (cattoliche e protestanti) posero seri problemi alla Chiesa e al governo.
Nei decenni che seguirono i «torbidi» sorse un movimento religioso guidato dagli Zeloti
della pietà, un gruppo di ecclesiastici e di laici che predicava un rinnovamento dei valori
spirituali e della vita nella Chiesa. Le questioni poste dagli Zeloti andavano dritte al cuore
dell’identità culturale e nazionale di Mosca: non si preoccupavano, infatti, soltanto di
morale, ma anche di purezza della fede e di devozione della Chiesa (nel corso degli anni, a
causa del lavoro impreciso dei copisti e di altri errori, la liturgia ortodossa aveva subito
mutamenti). Queste inquietudini portavano a conclusioni radicalmente diverse.
Con il trionfo di Ivan IV sui tatari e la nascita del patriarcato di Mosca, la Moscovia si
era imposta come influente forza politica all’interno del mondo ortodosso ed esteuropeo.
Questa supremazia fu appoggiata dai patriarchi greci, che contavano sulla guida e
sull’aiuto politico e finanziario della Moscovia. I patriarchi incoraggiarono Mosca a
sostenere la cultura ortodossa e a introdurre istituzioni educative nel paese: furono fondate
alcune scuole monastiche. Le varianti della liturgia ortodossa e dei libri sacri stavano
diventando sempre più evidenti e già nel 1616 furono intrapresi dei passi per la revisione
dei testi corrotti. Il giovane Aleksej era strettamente legato ad alcuni Zeloti, in particolare
l’archimandrita Nikon, suo mentore e intimo amico. Nel 1650 Aleksej convocò un
concilio per discutere sui problemi della riforma e nel 1652 nominò patriarca Nikon, uomo
di origini contadine, inflessibile e ambiziosissimo. Il dibattito sulla riforma subì
un’accelerazione. Con atto autoritario, Nikon emendò i testi della Chiesa e il rituale
liturgico, ignorando le proteste dei conservatori, che nel 1657 si riunirono al monastero
delle isole Solovki, sul Mar Bianco, per dichiarare la loro fedeltà ai testi e alla liturgia non
revisionati e consacrati dalla tradizione. Essi divennero noti come «vecchi credenti». I
vecchi credenti identificavano la forma con la sostanza e credevano, come sostiene
Gabrielle Scheidegger, che «il più piccolo cambiamento, anche […] la cancellazione di
una singola lettera, avesse un significato nascosto: […] corrompere gli insegnamenti di
Dio e consegnare i fedeli nelle mani di Satana». Quando nel 1654 Aleksej dichiarò guerra
alla Polonia, il governo fu affidato a Nikon, cui venne conferito, come a Filaret, il titolo di