Page 69 - Storia della Russia
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minaccia tatara e rese così disponibile l’esercito per altri compiti, formando una solida
base da cui partire per continuare l’avanzata attraverso le steppe.
Tuttavia, nel 1654 la questione ucraina portò a uno scontro con la Polonia. I cosacchi
ortodossi dello Zaporož’e, sulla riva sinistra del fiume Dnepr, avevano cercato a lungo di
difendere la propria indipendenza contro le pretese dei loro signori polacchi, a
maggioranza cattolica. Nel 1648 l’Hetman (capo eletto) Bogdan Chmel’nic’kyj fece
scoppiare una rivolta e, piuttosto che sottomettersi al potere polacco, cercò la protezione
della Moscovia ortodossa. A Perejaslavl’, nell’Ucraina settentrionale, fu sottoscritto un
accordo che i cosacchi considerarono come un patto reciproco tra protettore e vassallo,
modificabile nel tempo. La Moscovia, invece, lo interpretò come un gesto di assoluta
sottomissione allo zar autocrate. Questa radicale differenza di percezione ha avuto
conseguenze di enorme portata nelle relazioni tra la Russia e l’Ucraina e nella storiografia
della regione. Il trattato di Perejaslavl’ del 1654 segnò l’effettiva annessione della riva
sinistra ucraina del Dnepr, un’espansione cruciale che fruttò alla Moscovia settentrionale
nuovi territori e nuove risorse a est del fiume e allargò i suoi confini meridionali, sempre
più vicini ai turchi e ai polacchi. Inoltre, portò la vivace cultura di Kiev e dell’ortodossia
ucraina a Mosca, avvicinando la Russia alla cultura polacca e affidandole la difficile
eredità della Chiesa cattolica greca ucraina (uniate).
Accettare le proposte dei cosacchi, ovviamente, voleva dire iniziare un conflitto con la
Polonia. Appoggiato da uno zemskij sobor, il nuovo zar Aleksej [Alessio] Michailovič
(1645-1676) ratificò l’accordo dando il via alla Guerra dei tredici anni (1654-1667); per
qualche tempo egli dovette anche far fronte all’intervento svedese con la Prima guerra del
nord (1656-1661). Aleksej guidò le sue armate di persona: fu il primo zar a lasciare il
paese per combattere all’estero. Il conflitto devastò la Polonia e mise a dura prova la
Moscovia. La grande sollevazione contadina, capitanata dal brigante cosacco Sten’ka
Razin, lungo il Volga nel 1670, può essere interpretata come una risposta alle privazioni
subite in quel periodo dai ceti più bassi della società moscovita. Aleksej uscì vincitore
dallo scontro con i polacchi e tramite l’armistizio di Andrusovo (1667) confermò le sue
conquiste sulla riva sinistra del Dnepr, ottenendo per due anni anche il controllo di Kiev,
sulla riva destra. Acquisire la «madre delle città russe» fu un grande trionfo: Mosca non la
restituì mai più. Nel 1686, quando la Polonia ebbe bisogno di un appoggio contro l’impero
ottomano, Mosca pretese l’allargamento dei confini e cessione perpetua di Kiev, richieste
che il re polacco Jan Sobieski, mosso da disperazione, dovette accettare, firmando un
trattato di pace e alleanza «permanenti». Grazie al trattato bilaterale di Mosca del 1686 tra
Moscovia e Polonia, la prima fu ammessa come membro minore nella Lega Santa, formata
con il benestare del papa da Sacro Romano Impero, Polonia e Venezia nel 1684, dopo il
fallito assedio ottomano di Vienna dell’anno precedente: per lo stato moscovita quella
rappresentò la prima alleanza europea, nonché un notevole successo diplomatico. Mosca,
che aveva già combattuto una guerra contro gli ottomani (1678-1681), dovette rompere il
trattato di Bachčisaraj (1681) con cui il conflitto si era concluso. Il ruolo della Moscovia
nella Lega Santa era di indebolire le forze ottomane attaccando di nuovo a oriente.
Seguirono infruttuose campagne militari attraverso la steppa ostile contro i tatari di
Crimea (1687 e 1689) e attacchi via fiume di Pietro I contro la fortezza ottomana sul Mare
di Azov del 1695-1696, che ottennero finalmente successo. La pace di Karlowitz (1698),
che pose fine alla guerra tra la Sublime Porta e la Lega Santa, non coinvolse, tuttavia, la