Page 66 - Storia della Russia
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Il consolidamento del potere autocratico e il problema
        della sicurezza nazionale (1613-1700)


        L’elezione di Michail risolse la crisi politica di legittimità, segnando la fine dell’«epoca
        dei torbidi». Tuttavia, ci volle ancora parecchio tempo per far riacquisire alla Moscovia
        piena stabilità. I rapporti con le nazioni confinanti furono pacificati, prima con la Svezia,
        tramite il trattato sfavorevole di Stolbovo del 1617 (le concessioni territoriali esclusero per
        un secolo la Moscovia dal Baltico, permettendole, tuttavia, l’accesso commerciale), poi,
        dopo ulteriori conflitti, con la Polonia, con la quale si giunse a una situazione di stallo e
        alla tregua di Deulino (1618). Il regno di Michail (1613-1645), inizialmente fragile, trovò
        nei primi anni un forte appoggio nello zemskij sobor, ma dopo il suo ritorno nel 1619 uno
        scambio di prigionieri riportò in patria Filaret, padre di Michail, che era stato tenuto in
        cattività durante le trattative con i polacchi. Filaret, uomo dalla personalità decisa, assunse
        la carica vacante di patriarca ed ebbe ruolo preponderante nel governo: egli ricevette il
        titolo di «gran gosudar’», di solito riservato al monarca, e rappresentò l’eminenza grigia
        dietro il trono fino alla morte, nel 1633.

           Dopo l’epoca dei torbidi il governo e l’élite dovettero affrontare problemi e sfide che
        determinarono lo sviluppo della Moscovia per il resto del secolo. Negli affari interni la
        questione principale riguardava la coesione sociale e la stabilità politica: dopo i terribili

        eccessi dell’opričnina e i fallimenti di Godunov e di Šujskij, si rese necessario trovare una
        versione della monarchia che fosse accettabile e potenziare l’amministrazione centrale di
        fronte al continuo estendersi del territorio e all’aumento della popolazione. Il malcontento
        sociale attendeva risposta, e poiché l’«epoca dei torbidi» fu interpretata da molti come un
        castigo divino, anche la Chiesa affrontò e lei stessa si fece promotrice di appelli a una
        rinascita  morale  e  spirituale.  In  campo  militare,  il  fallimento  di  Ivan  IV  nella  guerra
        livonica aveva dimostrato che le migliorie da lui apportate alle forze armate non erano
        state sufficienti di fronte alla macchina militare dei vicini europei. Erano indispensabili un
        esercito  più  efficiente,  e  le  risorse  per  finanziarlo.  Servivano,  inoltre,  riforme  per
        riassestare  l’economia,  migliorarne  la  produttività  e  riscuotere  le  entrate  in  modo  più
        capillare:  durante  l’epoca  dei  torbidi  la  Moscovia  aveva  perso  quasi  la  metà  della  sua
        popolazione. Questi problemi divennero ancor più cruciali davanti all’intensificarsi delle
        relazioni  con  paesi  occidentali  che  avevano  o  stavano  sviluppando  capacità  militari  ed
        economiche superiori: la crescita economica europea aumentava a mano a mano che si
        espandeva il commercio, sostenuta da strumenti nuovi, come un vasto sistema di banche e
        reti  di  credito.  La  domanda  di  cereali  a  livello  internazionale  stava  trasformando  la

        Polonia nel granaio d’Europa e, grazie al rinnovamento favorito da potenze finanziarie e
        marittime  come  Inghilterra  e  Olanda,  il  Baltico  e  il  Mar  Bianco  stavano  diventando
        importanti vie commerciali e arene di una sempre maggiore competizione economica, e di
        conseguenza politica. La Moscovia venne coinvolta in queste reti commerciali grazie ai
        suoi prodotti tradizionali – catrame, canapa, legname, potassa – che acquisirono nuovo
        valore a livello internazionale come materiali per le navi. Inoltre, dopo i successi militari
        riportati durante il Seicento, sul fronte meridionale la Russia si trovò davanti un temibile
        avversario,  l’impero  ottomano.  Questi  sviluppi  e  difficoltà  ponevano  problemi  la  cui
        soluzione  avrebbe  messo  in  questione  le  strutture  sociali  e  l’immagine  che  la  nazione
        aveva  di  sé,  provocando,  nel  corso  del  secolo,  una  crisi  meno  urgente,  ma  non  meno
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