Page 63 - Storia della Russia
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Crisi, ripresa e cambiamento

        L’«epoca dei torbidi»

        I primi anni del XVII secolo sono ricordati nella storia della Russia come l’«epoca dei
        torbidi». Con la fine della dinastia, infatti, il paese entrò in una crisi profonda, ogni giorno
        più grave, causata soprattutto dall’assenza di un’autorità politica legittima ed esacerbata
        dal disastro economico, dalle tensioni sociali e dall’invasione straniera.


           Nella lotta per il potere che seguì la morte di Fëdor, prevalse come nuovo sovrano suo
        cognato,  Boris  Godunov.  A  Godunov  non  mancavano  capacità  e  talenti.  Nel  ruolo  di
        primo ministro sotto Fëdor aveva dimostrato di possedere qualità da statista, conducendo
        una politica estera di successo: era giunto a una conclusione accettabile nella guerra contro
        la temibilissima Svezia, conflitto che durava ormai da cinque anni, aveva mantenuto la
        pace  sull’instabile  frontiera  meridionale  e  incoraggiato  gli  insediamenti  a  sud  e  a  est.
        Inoltre, Godunov aveva coltivato le già proficue relazioni della Moscovia con l’Inghilterra
        e,  nel  1589,  diretto  i  negoziati  con  il  patriarca  di  Costantinopoli  per  l’istituzione  di  un
        patriarcato a Mosca, evento di capitale importanza per il paese. Si era anche dimostrato
        abile  nel  destreggiarsi  in  mezzo  alle  endemiche  lotte  tra  le  varie  fazioni  della  corte
        moscovita.  Alla  morte  di  Fëdor  nel  1598  queste  qualità  continuarono  a  essergli  utili.
        Appoggiato dal patriarca, Godunov si guadagnò il consenso popolare e, forte del sostegno
        militare, si fece offrire il trono da un improvvisato zemskij sobor. Due anni più tardi, per
        rafforzare la sua posizione, attaccò i Romanov, suoi principali rivali e famiglia della prima
        moglie di Ivan, Anastasija. Il maggiore dei Romanov, il boiaro Fëdor Nikitič, fu obbligato

        a farsi monaco, rinunciando a ogni ambizione terrena, e con il nome di Filaret divenne una
        delle figure più eminenti della Chiesa.

           Ma il governo del nuovo zar non godette mai del carisma e della legittimità dei suoi
        predecessori rjurikidi e si trovò presto a fronteggiare un diffuso malcontento. Le fazioni
        aristocratiche  insoddisfatte  disprezzavano  Godunov  considerandolo  un  parvenu  e  la
        mancanza  di  autorevolezza  dinastica  portò  tra  l’élite  nuove  lotte  intestine.  Alcune  voci
        insistenti, inoltre, lo collegavano alla morte dello zarevič Dmitrij Ivanovič. Nel 1591, nel
        ruolo di primo ministro, Godunov aveva istituito una Commissione d’inchiesta con a capo
        il boiaro Vasilij Šujskij, che dopo aver confutato le accuse di omicidio, dichiarando che il
        piccolo Dmitrij, epilettico, era caduto sul suo stesso pugnale, cambiò più volte versione,
        continuando ad alimentare illazioni e sospetti. Tra il 1601 e il 1603, a causa della «piccola
        glaciazione» che colpì tutta Europa, provocando una devastante ondata di miseria, carestia
        e morte, i contadini russi, già di per sé poveri, soffrirono per la scarsità dei raccolti; la loro
        situazione fu ulteriormente aggravata dal divieto di spostarsi. Si diffuse il brigantaggio e il
        governo non riuscì a trovare cibo a sufficienza per sfamare i disperati che si rifugiavano
        nei centri urbani.


           Poi, nel 1604, il regime dovette affrontare una nuova sfida. Al confine meridionale si
        fece avanti un pretendente al trono appoggiato da avventurieri polacchi, che sosteneva di
        essere lo zarevič Dmitrij, sfuggito ai suoi presunti assassini. Laddove il rjurikide Ivan IV,
        sovrano per diritto divino, aveva potuto impunemente commettere ogni sorta di atrocità
        senza che il suo potere fosse mai messo seriamente in discussione, per il nuovo monarca
        non  rjurikide  le  accuse  di  omicidio  e  l’insurrezione  dell’esercito  erano  gravi  minacce.
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