Page 46 - Storia della Russia
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L’ideologia della Moscovia
All’epoca della dominazione mongola, sebbene i principi della Rus’ riconoscessero
sovranità e legittimità del khan di Saraj, sotto il gran khan di Karakorum, per le questioni
religiose la Rus’ faceva riferimento a Bisanzio e al patriarca di Costantinopoli, e l’accordo
dei bizantini con il khanato Kipčak fece coincidere il potere del khan con la volontà di
Dio. Nella tradizione bizantina l’imperatore era una figura ieratica che governava in
perfetta «sinfonia» con il patriarca, che si rimetteva al primo per le questioni secolari, ma
non per quelle ecclesiastiche. Alla fine del XV secolo, quando entrambi i centri di autorità
cominciarono a declinare, e la Rus’ affermò la sua indipendenza – da Costantinopoli nel
1448 e da Saraj nel 1462 (anno dell’investitura di Ivan III) –, i gran principi e i loro
sostenitori cercarono segni simbolici e teorici della loro superiorità e del loro potere
sovrano. Nel 1472 Zoe (Sofia) Paleologa, nipote dell’ultimo imperatore bizantino e pupilla
del papa, fu concessa in matrimonio a Ivan III, segno che Roma sperava ancora una volta
di riunire la Chiesa d’Oriente con quella d’Occidente. Questo matrimonio è stato spesso
interpretato come la giustificazione delle pretese moscovite all’eredità imperiale di
Bisanzio; ma ciò non emerge dalle fonti contemporanee. Il rapporto con la Chiesa cattolica
favorì anche in altro modo un’ultima espansione. Dopo le guerre civili, i gran principi
avevano dato il via a una serie di opere e costruzioni a Mosca, e nel 1475 Ivan III si servì
dei suoi nuovi contatti per ingaggiare un italiano, Aristotele Fioravanti (che diverrà anche
capo della sua artiglieria), e costruire la nuova grande cattedrale dell’Assunzione, cui
seguirono, sempre a opera di architetti italiani, l’ampliamento e la rifortificazione del
Cremlino. Ivan adottò inoltre il simbolo dell’aquila a due teste, e nel 1493 cominciò a
usare il titolo di gosudar’ (signore), che divenne l’espressione comune per indicare il
potere sovrano.
Anche la Chiesa ortodossa della Rus’ appoggiò i principi moscoviti: divenuta nel XV
secolo un’istituzione molto potente sia dal punto di vista politico sia economico, li
sostenne cercando al contempo di consolidare la propria autorità. Il tardo XV secolo fu
un’epoca di grande fermento religioso. Il calendario ecclesiastico misurava il tempo dalla
creazione del mondo, stimata nel 5508 a.C., e prevedeva la sua fine dopo settemila anni,
quindi nel 1492; ma anche una volta trascorsa questa data, molti continuarono ad attendere
la fine del mondo all’interno di una diffusa atmosfera millenaristica. La Russia moscovita,
inoltre, non aveva nessun concetto di stato separato dal potere personale del principe,
teoricamente illimitato e ricevuto per diritto divino (anche se la dottrina bizantina, nota in
Moscovia, permetteva ai consiglieri e agli ecclesiastici di opporsi a un sovrano che
disobbediva al volere del Signore): la Chiesa propagandò un’ideologia che vedeva nello
zar un’icona vivente di Dio e nell’impero ortodosso moscovita un’icona del regno dei
cieli.
Mentre Mosca accresceva il suo potere e la sua indipendenza, emerse anche il problema
del ruolo della Chiesa nella società. Grazie alle assegnazioni di terreni e alle donazioni, la
Chiesa era divenuta proprietaria terriera di primaria importanza. La questione della sua
ricchezza si legò a quella dei suoi rapporti con il principe. Una corrente di pensiero,
associata a Iosif, egumeno del monastero di Volokolamsk, difendeva la stretta relazione
della Chiesa con il potere principesco moscovita e ne giustificava la ricchezza come
garanzia del suo ruolo sociale. Il monaco Nil di Sora e i suoi seguaci, contemporanei di