Page 44 - Storia della Russia
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suoi  obiettivi  principali:  conciliare  famiglie  prima  indipendenti  con  il  servizio  e  con
        l’autorità del gran principe e creare una gerarchia accettabile, all’interno della quale fu
        possibile organizzare e strutturare l’amministrazione almeno fino al XVII secolo. Inoltre,
        si  istituzionalizzò  la  competizione  all’interno  dell’élite:  lo  status  e  le  possibilità  di
        avanzamento dipendevano ora quasi esclusivamente dal principe, posto al di sopra di tutti.
        Ma per funzionare in modo corretto pomest’e e mestničestvo richiedevano un particolare
        sistema di registrazione, e dunque nuove cariche e funzionari in una sempre più complessa
        amministrazione della corte moscovita.

           Accogliendo stranieri e nuovi venuti, i principi moscoviti riuscirono a vincolare a sé
        l’élite, che tradizionalmente aveva il diritto di scegliere il principe da servire. Diminuito il
        numero dei principi indipendenti, la libertà dei servitori di spostarsi da una corte all’altra
        fu sempre più limitata, finché l’unica vera alternativa al servizio di Mosca non divennero
        Lituania  e  khanati  tatari.  Ma  servire  queste  potenze  straniere  era  considerato  apostasia

        dalla Chiesa e tradimento dal gran principe. I principi moscoviti, inoltre, fecero propria la
        dottrina  mongola  secondo  cui  tutta  la  terra  apparteneva  al  sovrano.  La  partenza  di  un
        boiaro fu contestata per la prima volta nel 1375, quando Dmitrij di Mosca confiscò le terre
        di un nobile passato al servizio del principato rivale di Tver’, e all’epoca di Ivan III non vi
        erano  già  più  alternative  e  un’accusa  di  tradimento  faceva  cadere  in  disgrazia  l’intera
        famiglia  estesa  o  clan.  Anche  se  la  questione  rimase  un  problema  fino  alla  fine  della
        dinastia  e  la  corona  si  avvalse  spesso  di  giuramenti,  impegni  e  ostaggi  per  evitare
        defezioni,  in  pratica  il  «diritto  di  partire»  dei  boiari,  che  garantiva  l’indipendenza  dei
        servitori, era stato abolito.

           Così tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI, i gran principi moscoviti acquisirono
        un controllo sempre maggiore su forze armate in continua espansione; si cominciò anche a
        seguire  la  pratica  europea  di  assoldare  mercenari  stranieri.  Le  dimensioni  effettive
        dell’esercito  di  allora  sono  difficili  da  stimare,  ma  è  probabile  che  all’inizio  del  XVI
        secolo  le  forze  complessive  di  cui  poteva  disporre,  compresi  portantini  e  ausiliari,
        ammontassero a circa settantamila uomini. Si ritiene che a quei tempi l’amministrazione e
        la  finanza  militare  fossero  ancora  abbastanza  rudimentali,  ma  la  comparsa  di  nuove

        cariche e di nuove tasse fa ipotizzare un coinvolgimento attivo e perfino una vera e propria
        militarizzazione degli amministratori locali. Questi sviluppi riflettono anche il fatto che
        Mosca stava entrando nella cosiddetta «rivoluzione militare», vale a dire la diffusione a
        livello  europeo  delle  armi  da  fuoco,  che  nel  XVI  e  nel  XVII  secolo  cambiarono
        profondamente la struttura degli eserciti, le tattiche militari e i metodi di fortificazione e di
        assedio, influenzando di conseguenza anche i governi e la società. Il primo riferimento
        scritto all’uso di un’arma da fuoco nella Rus’ si fa risalire al 1382, quando fu impiegato un
        cannone nella difesa di Mosca contro Toqtamish. In seguito Ivan III ingaggiò fabbricanti
        di armi da fuoco dall’Italia (insieme ad altri artigiani e specialisti) per istituire a Mosca
        una fonderia di cannoni e una fabbrica di polvere da sparo. Cominciarono a diffondersi
        anche armi da fanteria – alcuni archibugieri parteciparono al «confronto sul fiume Ugra» –
        ma il loro uso mal si accordava con le tecniche militari tatare, preferite dai comandanti

        moscoviti,  che  si  basavano  su  mobilità  e  rapidità  della  cavalleria.  I  metodi  d’assedio
        rimasero quelli tradizionali di accerchiamento e blocco fino al 1514, quando Vasilij III,
        grazie  all’impiego  dell’artiglieria,  prese  d’assalto  le  mura  della  fortezza  di  Smolensk  –
        eternamente contesa tra Mosca e la Lituania – e la conquistò insieme alle zone limitrofe.
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