Page 180 - Storia della Russia
P. 180

intanto cercava di ritardare i negoziati diplomatici – «né guerra né pace» – e di far appello
        al  proletariato  mondiale,  scavalcando  i  capitalisti  guerrafondai:  la  risposta  proletaria  fu
        debolissima,  ma  i  diplomatici  ne  rimasero  sconcertati.  Alla  fine,  le  potenze  centrali
        persero la pazienza, posero condizioni durissime e ripresero l’avanzata, che il Sovnarkom
        non era in grado di affrontare. Lenin, con il suo realismo, prevalse sui sostenitori della
        prosecuzione della «lotta rivoluzionaria»: gli SR di sinistra lasciarono indignati il governo
        e  nel  marzo  del  1918  il  trattato  di  Brest-Litovsk  pose  fine  alla  guerra,  privando  il
        Sovnarkom di tutti i territori occidentali dell’impero, che rappresentavano per la Russia un
        quarto della popolazione e dei terreni coltivati, nonché tre quarti delle risorse di carbone e
        di  metalli.  L’occupazione  tedesca  di  Kiev  instaurò  nuovamente  la  Rada  nazionalista

        ucraina. Queste perdite colossali inflissero un colpo terribile al prestigio e alla forza del
        Sovnarkom; il ritiro russo dalla guerra provocò l’intervento degli Alleati occidentali, che
        videro scomparire il loro secondo fronte e venire meno un importante supporto militare.
        Fortunatamente  per  Lenin,  le  operazioni  alleate  si  limitarono  alle  periferie:  le  truppe,
        stremate da anni di battaglie, condussero solo azioni di portata ridotta, dando vita a un
        intervento nel complesso inefficace. Inoltre, nel novembre del 1918, la sconfitta decisiva
        inflitta  alle  potenze  centrali  permise  ai  bolscevichi  di  denunciare  il  trattato  di  Brest-
        Litovsk; a Versailles gli Alleati imposero ai tedeschi sconfitti condizioni pesantissime, ma
        ritirarono le loro truppe dalla Russia senza cercare di ottenere nient’altro dal suo governo.

           Il nuovo regime aveva preso il potere sperando nell’appoggio delle masse popolari in
        patria e nella rivoluzione internazionale. Nelle varie questioni specifiche non seguiva una
        linea  precisa.  Nel  suo  pamphlet  utopico  del  1917,  Stato  e  rivoluzione,  Lenin  aveva
        sostenuto  che,  una  volta  stabilito  un  ordine  rivoluzionario  socialista,  le  innovazioni
        tecniche  del  capitalismo  moderno  avrebbero  reso  i  compiti  quotidiani  di  governo  così
        semplici, da poter essere eseguiti da «qualsiasi persona alfabetizzata»: «sotto la direzione

        del proletariato armato» e con il «controllo operaio» sarebbe stato possibile «organizzare
        l’intera economia come il servizio postale». In altri scritti, Lenin sottolineò l’importanza
        delle contingenze: il compito primario era instaurare il potere proletario socialista, il resto
        sarebbe venuto da sé.

           L’ottobre del 1917 vide il manifestarsi di due rivoluzioni. Al centro, un colpo di stato
        bolscevico  rovesciò  il  governo  in  carica  e  diede  il  via  a  un  nuovo  ordine  politico.  Ma
        Lenin e i suoi compagni riuscirono a mettere in atto e consolidare la loro presa del potere
        soltanto  grazie  a  cambiamenti  ben  più  profondi  alla  base  della  società,  che  avevano
        indebolito  le  strutture  delle  autorità  e  del  potere  statale.  Questi  cambiamenti,  inoltre,
        prendevano  forme  differenti  nelle  città,  in  campagna  e  nelle  zone  di  confine  delle
        minoranze  nazionali.  I  bolscevichi  non  crearono,  ma  seguirono  e  incoraggiarono
        l’attivismo locale di contadini, operai, soldati e di tutti coloro che nella crisi generale del
        1917-1918 respinsero come inaccettabile qualsiasi autorità esterna e formarono istituzioni
        proprie  per  perseguire  interessi  e  scopi  immediati.  Gli  operai  e  i  contadini  avevano
        orizzonti  essenzialmente  locali:  le  loro  preoccupazioni  non  riguardavano  le  questioni
        generali del paese, e così si scontravano con le politiche che cercavano di mantenere in

        equilibrio  gli  interessi  nazionali  e  quelli  internazionali.  Senza  la  presa  bolscevica  del
        potere, l’estate del 1917 sarebbe potuta finire con qualche altra insurrezione radicale. Una
        delle  caratteristiche  più  sorprendenti  degli  anni  rivoluzionari  fu  il  crescente  anti
        intellettualismo popolare e l’animosità contro tutti i buržui («bastardi borghesi»): coloro
   175   176   177   178   179   180   181   182   183   184   185