Page 182 - Storia della Russia
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La guerra civile

        Il trattato di Brest-Litovsk permise al Sovnarkom di concentrarsi sulla resistenza interna,
        che si andava rafforzando dopo il fiasco dell’Assemblea costituente. Nella guerra civile –
        o guerre civili – del 1918-1921, in Russia si scontrarono soprattutto tre grandi gruppi, i
        rossi bolscevichi (che nel marzo 1918 si diedero il nome di Partito comunista panrusso dei
        bolscevichi),  i  bianchi  antibolscevichi  e  i  cosiddetti  verdi,  che  rappresentavano  gli
        interessi  locali  dei  contadini.  I  partiti  rivoluzionari  moderati,  SR e menscevichi, restii a

        unirsi alle forze reazionarie dei bianchi, benché lontani in modo ormai irreversibile dai
        rossi e incapaci di trasformare il largo consenso di cui ancora godevano in una qualche
        forma di potere, si trovarono tra le due principali fazioni in lotta, senza sapere come agire.
        A livello pratico, l’opposizione al putsch bolscevico fu molto eterogenea e prese avvio con
        il Comitato per la difesa dell’Assemblea costituente (Komuč), guidato dagli  SR e nato a
        Samara  dopo  il  gennaio  del  1918.  Ma  i  principali  oppositori  alla  centralità  bolscevica
        provenivano dalle file dei vecchi ufficiali zaristi, che reclutarono truppe «bianche» valide
        e capaci alle periferie dell’impero. Altrove – in Asia centrale, nel Caucaso meridionale, in
        Bessarabia,  in  Finlandia  e  nelle  province  baltiche  –  si  scontrarono  con  i  rossi  per  il
        controllo  locale  bianchi,  nazionalisti,  socialisti  e  altri  gruppi.  L’ammiraglio  Aleksandr
        Kolčak istituì un governo dei bianchi in Siberia, da dove poteva sferrare attacchi verso
        Occidente.  L’esercito  volontario,  ora  sotto  il  comando  del  generale  Anton  Denikin,  si
        spostò in Ucraina per poi avanzare a nord verso Mosca; dall’Estonia le forze bianche del
        generale  Nikolaj  Judenič  marciavano  su  Pietrogrado.  La  lotta  contro  la  minaccia
        potenzialmente mortale dei bianchi durò due anni, con alterni risultati. Alla fine, tuttavia,
        la nuova Armata rossa sconfisse Kolčak, che fu giustiziato, ricacciò in Crimea Denikin e il

        suo  successore  Vrangel’  e  riconquistò  l’Ucraina,  per  poi  portare  alla  disfatta  Judenič,
        ricacciandolo in Estonia. I generali bianchi potevano contare sugli uomini e sulle capacità
        dell’ex  esercito  zarista,  nonché  su  un  certo  sostegno  da  parte  degli  Alleati,  ma  la  loro
        campagna  aveva  debolezze  sostanziali.  Come  militari  di  carriera  non  avevano  nessuna
        comprensione e nessun rispetto per la politica e non riuscirono ad accattivarsi il favore
        popolare.  Le  loro  idee  politiche  si  risolvevano  essenzialmente  nella  restaurazione  dello
        stato  centrale  monarchico  e  della  proprietà  terriera,  posizioni  che  alienarono  loro  le
        minoranze  nazionali  che  li  circondavano  e  la  classe  contadina  da  cui  dipendevano  per
        l’approvvigionamento di cibo e uomini. Rispetto ai rossi, i sostenitori attivi dei bianchi
        erano relativamente pochi. I problemi di rifornimento rimasero irrisolvibili e l’aiuto degli
        Alleati  si  rivelò  minimo;  con  la  requisizione  dei  viveri,  la  brutalità  nei  confronti  dei
        sospetti  e  degli  avversari,  i  bianchi  persero  anche  il  favore  delle  popolazioni  locali,
        potenzialmente  ben  disposte.  Essendo  i  loro  quartier  generali  posti  alla  periferia

        dell’impero,  furono  costretti  a  operare  su  vaste  distanze,  che  resero  difficile  la
        coordinazione degli attacchi contro il centro.
           Il grande risultato dei rossi fu la Costituzione e il mantenimento di un esercito in grado

        di  tener  testa  ai  bianchi.  A  questo  scopo  dovettero  invertire  la  precedente  pratica  di
        demolire  le  strutture  esistenti  e  di  incoraggiare  le  autonomie  di  base  e  il  localismo,
        politiche  che  avevano  fatto  guadagnare  loro  grande  popolarità.  Centralizzazione  e
        coercizione facevano comunque già parte dell’ideologia e della strategia a lungo termine
        dei bolscevichi, come anche della tattica di Lenin, una volta assunto il potere. Al centro e
        nei  territori  controllati  dai  rossi  l’ordine  del  giorno  divenne  la  disciplina.  Nella  nuova
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